Il momento, per l’economia globale e per il mondo del vino, è delicato e complesso, e per capire come affrontare il 2023, e possibilmente uscirne indenni, è importante non avere paura di analizzare dati e tendenze, siano essi positivi o negativi, come fa, ogni anno, il report “State of the US Wine Industry” firmato - anche nell’edizione 2023 - da Rob McMillan, fondatore della Silicon Valley Bank Wine Division, che offre una lettura - per quanto legata essenzialmente alla realtà del vino californiano - utile a tutto il mondo produttivo. Il primo aspetto positivo, che meriterebbe forse maggiore attenzione, è che il segmento premium del settore vino, dopo le difficoltà del 2020, sta andando benissimo, facendo segnare, secondo i dati raccolti dalla Silicon Valley Bank, una crescita decisamente solida, pari al +9,7% sul 2021.
L’aspetto più difficile da affrontare, invece, è che l’industria del vino, nel suo complesso, non è all’altezza del momento. La fascia dei vini sotto i 15 dollari a bottiglia continua a perdere quote e, di conseguenza, si va, per il secondo anno consecutivo, verso un ulteriore calo dei volumi acquistati. Ciò che preoccupa maggiormente gli imprenditori e gli addetti ai lavori, però, è il contesto economico, con la paura di una recessione che sembra dietro l’angolo, per quanto dal vertice di Davos trapeli un certo ottimismo in questo senso.
Nella peggiore delle ipotesi, comunque, ci sarebbe ben poco da fare per scongiurare una dinamica recessiva. Che - e qui sta la buona notizia - troverebbe comunque il settore del vino in un momento - al netto delle oggettive difficoltà, comuni ad ogni altro settore economico - ottimale. A differenza di quanto accaduto nel 2000 e nel 2001 all’epoca della bolla delle dot-com (e in generale con ogni recessione dagli anni Ottanta ad oggi), le ultime vendemmie, quantitativamente, sono state tutt’altro che eccezionali, e questo vuol dire che le cantine californiane (così come quelle francesi, un po’ meno quelle italiane, ndr) potrebbero affrontare la crisi con scorte di cantina equilibrate alla contingenza e alle richieste di mercato, scongiurando la possibilità di un tracollo del prezzo medio. In una visione più a medio termine, invece, non c’è mai stato un divario maggiore tra il lato produttivo del business del vino e il segmento premium: la tendenza ad un continuo calo del numero dei consumatori e dei consumi di vino nei segmenti più bassi, a lungo andare, finirà per impattare sull’intera categoria vino se non si trovano le adeguate contromisure.
Come di consueto, lo “State of the US Wine Industry” 2023 individua, quindi, sette tendenze positive e sette negative che caratterizzeranno il 2023 del vino. Partendo dagli aspetti positivi, come ampiamente anticipato, il trend della premiumisation è più vivo che mai, e continuerà a sostenere una crescita costante e ottimi rendimenti, mentre gli stock delle cantine, mediamente bassi, predispongono al meglio il settore nei confronti di una eventuale recessione. Il terzo punto riguarda da vicino la California, che viene da tre vendemmie quantitativamente tutt’altro che eccezionali, che hanno risolto alla radice i problemi di una eventuale sovrapproduzione, garantendo tra l’altro un alto livello qualitativo. Un altro aspetto interessante è che il supporto della tecnologia al settore del vino non è mai stato migliore, con soluzioni per ogni esigenza. E poi, anche con l’economia in un momento di debolezza, i consumatori di vini premium sono seduti su più di un 1.000 miliardi di dollari di risparmi generati durante la pandemia, che gli permettono di acquistare vino anche in caso di recessione. Continua, inoltre, la crescita della comunità vinicola americana, al di là della California, in tutto il Nord America, con vini buoni, accessibili e in continuo miglioramento prodotti in tutto il Paese e praticamente in ogni Stato, così come in Canada, e persino nel nord del Messico. Una novità supportata da nuovi corsi di laurea e capitali freschi che ne finanziano la crescita, e nuove regioni capaci di produrre vini artigianali a prezzi accessibili che conquistano i palati dei giovani consumatori. Proprio come in Italia, infine, nonostante l’aumento dei costi del denaro che frena le grandi acquisizioni, il mercato mergers & acquisitions è sorprendentemente in salute, sia per i vigneti che per le cantine.
Sette sono anche gli aspetti negativi, ossia quei venti contrari che spirano in sfavore della crescita del vino Usa nel 2023. Anche qui, il primo aspetto è già stato trattato: secondo qualsiasi analista i volumi commercializzati, nel 2023, sono destinati a calare. I boomer sono ancora in testa a tutte le generazioni in termini di quota di consumo: sarebbe più facile da tollerare se l’industria crescesse, ma l’opportunità di registrare un’ulteriore crescita delle vendite da una platea di consumatori con un’età media di 66 anni si rivelerà alquanto difficile. I consumatori di età inferiore ai 50 anni bevono vino, ma sempre più spesso bevono anche altro, ed un numero considerevole di consumatori under 50 rientra nella categoria di chi ha scelto di non bere vino. Si fanno sempre più sostenute e partecipate le tendenze a prendersi cura di sé stessi e a sposare uno stile di vita sobrio, senza alcol, che rende sempre più popolari iniziative come il “Dry January” ed il “Sober September”: il neo proibizionismo è vivo e vegeto. I costi - in particolare quelli legati all’aumento dei prezzi di bottiglie, materiali, spedizione e personale - continuano a essere un problema, e trovare manodopera a qualsiasi prezzo è un problema maggiore di quanto non fosse una volta. Ovviamente, non va dimenticato l’impatto del cambiamento climatico, che si presenta in molte forme diverse, costringendo l’industria a rimanere agile e a tenere conto di rischi sempre nuovi nella pianificazione del lavoro. Infine, il più urgente dei problemi, ossia il fatto che l’industria del vino non sta lavorando in maniera unita per risolvere l’annoso ed evidente problema del calo della domanda.
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