Anche per l’industria enoica Usa, il 2021 è stato un buonissimo anno, con la riapertura di ristoranti, sale degustazioni, alberghi e il recupero del turismo capaci, nonostante la pandemia - che ha ritrovato vigore prima con la variante Delta e poi con la Omicron - di rilanciare anche acquisti e consumi di vino, come riporta il report “State of the US Wine Industry 2022”, curato da Rob McMillan, founder Silicon Valley Bank Wine Division, che basa le sue previsioni sul settore vinicolo statunitense partendo da due presupposti: la lotta al Covid è destinata a proseguire, mentre l’economia continuerà a crescere, seppure a ritmi inferiori del 2021. C’è ancora un certo disaccordo sulle vendite annuali, ma il calo dei volumi, nel giro di un triennio, sarà un solido dato di fatto. Si prospetta un buon anno per la categoria dei vini premium, ma a tassi di crescita inferiore rispetto al 2021. Altra pietra miliare del 2022: i Baby Boomers, che hanno guidato i consumi di vino negli ultimi 23 anni saranno, in media, in età da pensione. In California la siccità è la prima delle preoccupazioni, specie se l’inverno non porterà piogge e nevicate importanti, con evidenti ricadute sulle scorte idriche di tutto lo Stato. E ancora, il cambio di paradigma dei ristoranti, dove il vino ha sempre più concorrenza e i ristoratori che non sembrano più così convinti di immobilizzare grossi investimenti in cantina.
Sul fronte produttivo, su entrambe le sponde del Paese il clima non è magnanimo con la viticoltura: in California la raccolta 2021, colpita da siccità ed incendi, è stata particolarmente scarsa, sulla scia della 2020, a quota 3,6 milioni di tonnellate, e anche Oregon e Washington hanno registrato cali produttivi, a fronte comunque di ottima qualità. Sulla costa est, invece, sono stati gli uragani di agosto e settembre a mettere in difficoltà le produzioni di New York e Virginia. Tornando in California e nello Stato di Washington, il calo della domanda suggerisce di riequilibrare l’offerta attraverso un calo della produzione, anche espiantando qualche ettaro. Un altro effetto del calo della domanda riguarda i prezzi dell’uva e dei vini sfusi, che si sono stabilizzati a livelli inferiori rispetto a quelli osservati negli ultimi cinque anni per le produzioni della California, con i consumatori che continueranno ad avere un atteggiamento cauto sul fronte dei prezzi.
Restando sul fronte della domanda, come detto i Baby Boomers si avviano all’età della pensione, mentre i consumatori più giovani continuano a preferire bevande alcoliche diverse dal vino, ossia birra, spirits e Rtd. I Baby Boomers, comunque, continueranno presumibilmente a scegliere il vino, ma sono destinati a bere sempre meno con l’età. Entro il 2025, inoltre, 27,9 milioni di americani supereranno l’età (66 anni), mentre 30,3 milioni supereranno i 40,5 anni: in sostanza, in tantissimi cominceranno a spendere meno, ma ancora di più raggiungeranno l’apice della propria spesa, un dato che non va assolutamente ignorato. È destinato a crescere il canale delle vendite dirette, oltre l’attuale 9% delle vendite complessive. L’industria del vino Usa, quindi, dovrà cominciare a lavorare sui programmi di ricerca e promozione dello Usda - United States Department of Agriculture, e se pure ad oggi puntare sui giovani consumatori non è economicamente conveniente, è dagli under 40 che arriverà la crescita dei consumi del prossimo decennio, ed è a loro che bisogna rivolgersi, al loro sistema valoriale.
I problemi relativi alla catena di approvvigionamento, invece, si attenueranno gradualmente nel corso dell’anno, ma avranno comunque un impatto sulla capacità produttiva delle aziende. L’inflazione inciderà sulla consegna dei prodotti, sui costi di trasporto, sulla manodopera e sulle forniture per tutto il 2022, aggiungendo pressioni sui venditori di vino per aumentare il prezzo. E infatti, con i costi di produzione più elevati, il 42% delle aziende ritoccherà i prezzi nel 2022, in maniera più moderata in California ed Oregon. Vigneti e terreni, nel 2021, hanno mantenuto i loro valori, ma quando la Fed aumenterà i tassi di interesse la domanda di vigneti e cantine di fascia alta sarà destinata a rallentare.
Ci sono però anche sette aspetti positivi sottolineati dallo “State of the US Wine Industry 2022”. Il primo è che la solidità dell’economia Usa e i risparmi giocheranno un ruolo importante e positivo nelle vendite di vino, mentre le condizioni di lavoro tornano alla normalità e migliorano il numero e la frequenza delle occasioni in cui consumare vino. I Millennial più anziani compiono 40 anni: il numero dei consumatori abituali di vino è quindi destinato a crescere. Chi ha lavorato da casa ha visto un notevole risparmio su molte voci di spesa, che potrà spendere in consumi, anche di vino, nell’era post-Covid. Con più degustazioni su appuntamento, le aziende vinicole hanno riscontrato una gestione migliore del lavoro, ma esiste un’ulteriore spazio di crescita attraverso degustazioni in location diverse dalla cantina per attirare nuovi consumatori. Come nel resto del mondo, il vino ha dimostrato grande resilienza, superando di slancio il lockdown del 2020, grazie alle vendite al supermercato ma anche all’online, cresciuto anche nel 2021, ma c’è ancora spazio per molte aziende di integrare l’e-commerce al resto dei canali. E poi, il 2022 vivrà un ulteriore passo avanti, in termini di riaperture, rispetto a quanto visto nel 2021, con i wine lover che continueranno a bere sempre meno ma sempre meglio, dando una bella spinta alla premiumisation dei consumi enoici.
In direzione contraria, per sette aspetti positivi che impatteranno sul settore enoico nel 2022, ce ne sono altrettanti con cui dover fare, negativamente, i conti. Prima di tutto, la scarsità della manodopera: servono leggi sull’immigrazione che permettano agli stagionali di entrare in Usa nei momenti topici del lavoro in vigna. Anche sul fronte dell’hospitality in cantina servono processi di selezione diversi e più creativi. Come anticipato, l’acqua potrebbe diventare - già nel 2022 - l’argomento di discussione più caldo, se la quantità di pioggia e neve cadute in inverno sulla costa ovest dovessero risultare insufficienti. I vini generici, a basso prezzo, che hanno tenuto sin qui in piedi una parte importante dell’industria del vino, difficilmente intercetteranno i gusti dei giovani wine lover, che vogliono bere meglio ma meno. Allo stesso modo, i produttori premium non hanno ancora imparato ad intercettare i nuovi consumatori con produzioni pensate per il segmento entry-level. E questo ha molto a che fare con il punto successivo, che riguarda la sfida, per il mondo del vino, di reclutare nelle fila dei wine lover i giovani, che hanno valori, radici e capacità di spesa diversi dai loro genitori: l’industria del vino deve imparare a comunicare in maniera diversa, per far fronte all’invecchiamento del consumatore di vino medio. Proprio come stiamo vedendo in Europa, anche in Usa la spinta delle lobby anti-alcol cresce, e di conseguenza le linee guida di molte organizzazioni governative e sanitarie - a cominciare dall’Oms - applicano in maniera parziale le evidenze scientifiche per influenzare i consumi e la pressione fiscale sugli alcolici, vino compreso. Anche la minaccia di avvertenze sul rischio cancro in etichetta resta in piedi, ma il settore non può permettere che diventi realtà. La scarsità della raccolta 2020 e 2021 ha riportato l’offerta in equilibrio, almeno temporaneamente, nella maggior parte dei territori, ma in California, l’espianto di una parte dei vigneti è un’esigenza, perché se l’ultima vendemmia fosse stata normale, avrebbe prodotto un importante e negativo eccesso di offerta. Infine, il bisogno di investire in canali di vendita diversi dalla tasting room non è mai stato tanto evidente: serve un approccio diverso all’analisi dati ed all’e-commerce, rispetto a cui il cambiamento delle aziende è ancora troppo lento.
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