Per il miele cinese sono ancora chiuse le frontiere dell’Unione Europea: continua infatti il blocco delle importazioni, a causa dall’incredibile arretratezza ed inadeguatezza delle garanzie igienico-sanitarie della Cina Popolare e delle rilevanti tracce di un antibiotico proibito in molte derrate alimentari, tra cui appunto il miele. Ma adesso il pericolo è costituito dalle cosiddette “triangolazioni”, ovvero l’arrivo da Paesi terzi e non controllati di miele cinese adulterato. L’allarme viene lanciato dagli apicoltori italiani riuniti per la “Settimana del Miele di Montalcino” (12-14 settembre), la più importante kermesse nazionale del settore: “Nelle ultime settimane - spiega Francesco Panella, presidente dell’Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani - l’Europa ha dichiarato l’allarme sanitario per il ritrovamento di ingenti partite di miele cinese con residui di un pericoloso antibiotico, che erano state acquistate da Paesi dell’Est europeo e quindi “triangolate” ed esportate nell’Unione Europea. Anche l’Australia, come alcuni Paesi asiatici, si è prestata a commerci di contrabbando e pirateria internazionale, per dare uno sbocco al miele cinese contaminato. Addirittura un commerciante di miele australiano che aveva denunciato questi loschi traffici è stato recentemente oggetto di minacce e di un attentato: è quindi assai probabile che sia entrata in azione la cosiddetta “mafia cinese del miele” detta “Honey connection”. Ecco perché i produttori di miele italiani chiedono maggiori controlli e maggior rigore per stroncare i molti tentativi di spacciare il miele cinese contaminato anche sul nostro mercato, ed invitano i consumatori a leggere attentamente l’etichetta e ad acquistare solo i mieli che indicano con precisione il Paese ed il territorio da cui provengono, e non si nascondano dietro la fraudolenta ed equivoca dizione di “Miscela di mieli”.”
Il miele cinese forniva fino all’anno scorso oltre il 50% del fabbisogno comunitario: in Italia si consumano 230.000 quintali di miele all’anno, compreso quello (circa 50.000 quintali) destinato all’industria dolciaria. Quest’anno il raccolto di miele nazionale è stato seriamente compromesso dalla siccità: dopo una partenza positiva all’inizio della stagione, gli ultimi mesi hanno visto un vero e proprio arresto della bottinatura da parte delle api, a causa della siccità, della sofferenza delle piante e della mancanza di fiori. La produzione italiana di miele del 2003 si ferma quindi a 70.000 quintali, a fronte di una produzione media che negli ultimi anni si aggirava su 100.000-110.000 quintali. Questo raccolto sfavorevole segue quello ancora più negativo del 2002, la peggiore annata apistica del nostro Paese, con un calo di produzione che ha toccato punte del 70% e ha costretto gli apicoltori a richiedere lo stato di calamità anche se ad oggi non hanno ricevuto aiuto di sorta. Ma il miele di casa nostra, anche nelle annate più fortunate, non basta comunque a soddisfare il fabbisogno nazionale: “L’unico modo che abbiamo per difenderci - continua Francesco Panella - è imparare a conoscere il miele, anzi meglio i mieli, ed acquistare solo le confezioni nella cui etichetta sia specificata esattamente la provenienza, evitando i prodotti di dubbia origine. Nel miele cinese si è addirittura constatata con stupore la presenza di un antibiotico, il Cloramfenicolo, molto pericoloso e vietato in Europa da molti anni. Questi fatti dimostrano come nelle politiche commerciali mondiali i dazi e le barriere doganali sono gli strumenti del passato, quelli del futuro sono invece la capacità e la volontà di richiedere garanzie igieniche sanitarie ed equivalenza di criteri qualitativi”.
L’inadeguatezza del sistema produttivo agricolo cinese è un fatto noto su cui però si vuole chiudere un occhio nelle relazioni internazionali: la scarsa qualità dei prodotti agricoli cinesi, pieni di residui chimici e di antibiotici pericolosi, è conseguente al basso livello degli standard produttivi. Fra le ragioni principali del blocco delle importazioni da parte dell'Unione Europea c’è l’alto tasso di residui di antiparassitari riscontrati in alcuni prodotti come il miele, la carne e i prodotti dell’itticoltura. Negli standard agricoli cinesi i limiti di residui sono previsti solo per 484 antiparassitari, un numero che rappresenta soltanto il 2,2 per cento del totale elencato dall'UE.
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