Tra cinghiali e caprioli, la minaccia al vigneto toscano, risolta con gli acquazzoni dei giorni scorsi l’emergenza siccità, arriva dai boschi. In realtà, il problema, denunciato dai viticoltori del Chianti già nel 2015, è tutt’altro che localizzato, ed un’altra emergenza, quella della peste suina, ha reso ancora più urgente e necessaria una risposta risolutiva da parte delle amministrazioni locali e del Governo.
Proprio in Toscana, dove i cinghiali sono ormai mezzo milione, si pensa di estendere ad altri territori la decisione presa dall’Isola d’Elba, dichiarata “area non vocata ai cinghiali”, e sospendendo così buona parte delle limitazioni alla caccia applicate normalmente per garantire il ripopolamento annuale. Possibilista l’Assessore all’Agricoltura della Regione Toscana Stefania Saccardi, pronta ad estendere lo status di “area non vocata ai cinghiali” ad altri territori, a partire da quelli del vino.
Nel frattempo, in Liguria sono i giudici a muoversi: il Tar ha accolto il ricorso di una delle aziende leader della Regione, la savonese Durin, contro la Regione Liguria e l’Ambito Territoriale di Caccia di Ponente: il viticoltore potrà sparare ai cinghiali, che “devastano e si cibano dell’uva”, per salvare la vendemmia. Che sia il primo passo verso la soluzione di un problema diventato di sempre più difficile gestione?
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