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MADE IN ITALY

Ingredienti Dop e Igp italiani in 13.000 prodotti sul mercato. L’indagine di Qualivita

Cresce la sinergia tra produttori, Consorzi di tutela e industria della trasformazione. Con l’Italia all’avanguardia in Europa sulla legislazione

Ci sono i prodotti Dop, come vino, formaggi, salumi, verdure e così via, espressioni di biodiversità, di artigianato e di agricoltura di alta qualità. E poi c’è l’industria alimentare italiana, che da sempre ritenuta eccellenza nel know how e nella trasformazione, prende questi prodotti, spesso, ma non sempre, di nicchia, li utilizza in prodotti di largo consumo e distribuzione. Un incontro di filiere che da vita a 13.000 prodotti sul mercato che contengono ingredienti Dop e Ig, utilizzati soprattutto in condimenti (42% delle IG coinvolte) e primi piatti (41%), salumi (33%) e dolci (31%), formaggi e gelati (25%), marmellate, pizze e bevande (23%), per un valore alla produzione di Dop e Igp stimato in 260 milioni di euro, e che che supera il miliardo di euro per l’industria e l’artigianato alimentare. A dirlo l’ultima indagine condotta dalla Fondazione Qualivita, che rileva come il 68% dei Consorzi di tutela “attivi” ha concesso l’autorizzazione all’uso di prodotti a Denominazione o Indicazione Geografica come ingredienti. Nel complesso si contano 13.000 autorizzazioni rilasciate negli anni dai Consorzi e dal Ministero delle Politiche Agricole, di cui 4.600 attive nel 2020 che coinvolgono 1.600 imprese della trasformazione. Un punto di forza, dunque, della filiera agroalimentare italiane, da cui, inoltre, in un quadro normativo europeo frammentato, emerge un “primato” italiano in termini di regolamentazione, con l’Italia unico Paese ad aver introdotto un meccanismo di autorizzazione, in capo ai Consorzi riconosciuti, per conferire una maggiore tutela alle Ig.
“L’alto livello qualitativo, la bontà e la certezza dell’origine sono un valore aggiunto delle nostre Dop e Igp - evidenzia il Sottosegretario alle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio - un valore aggiunto che si mantiene tale anche quando diventano ingredienti di prodotti trasformati e si traduce in un plus ulteriore per i brand più famosi, che, a loro volta, diventano uno strumento per far conoscere a un numero sempre maggiore di consumatori le eccellenze del nostro agroalimentare. I Consorzi di tutela, insieme alle istituzioni, non solo mettono in campo iniziative volte a tutelare le denominazioni, ma sono impegnati anche a far sì che la qualità dei nostri prodotti resti alta e che Dop e Igp siano conosciute e apprezzate da un pubblico più vasto. In un momento in cui c’è una crescente attenzione del consumatore verso l’origine delle materie prime e una sempre maggiore richiesta di made in Italy il sodalizio con l’industria può accrescerne notorietà e distribuzione”.
“La ricerca mette in luce come le Dop e Igp possano dare valore sul mercato alla nostra industria alimentare, al nostro artigianato enogastronomico e alla nostra ristorazione, veicolando tutto l’appeal dell’agricoltura italiana e del made in Italy”, commenta Mauro Rosati, direttore Qualivita.“Questa ricerca ci indica che dobbiamo costruire sinergie ancora più strutturate fra i comparti per rendere più efficaci le filiere, dare maggiori garanzie a consumatori e imprese e cogliere appieno le possibilità dei “trasformati di qualità”. Per i Consorzi si aprono nuove opportunità: oltre al coordinamento delle attività principali, tutela e promozione e, negli ultimi anni, turismo enogastronomico, è giunto il momento di riflettere su come lavorare con risorse ad hoc anche sul settore dei trasformati, visto il valore che esso è in grado di generare. Tutto ciò che abbiamo oggi è frutto di un connubio “occasionale” tra prodotti Dop e Igp con industria e artigianato alimentare, mentre attività di marketing mirate da parte dei Consorzi potrebbero aprire uno sviluppo potenziale davvero ampio”.
“L’importante ricerca di Qualivita, conferma ancora una volta le straordinarie possibilità di sviluppo delle Dop e Igp anche nel settore dei prodotti trasformati - commenta Cesare Baldrighi, presidente Origin Italia - e la struttura dei Consorzi di tutela rappresenta un asset strategico per le imprese della filiera, grazie alle attività che può mettere in campo in maniera coordinata e condivisa. Auspichiamo, a partire anche dal confronto stimolato da questo studio, che il primato italiano sulla normativa dei trasformati possa consolidarsi attraverso un’evoluzione adeguata che tenga conto delle dinamiche dei mercati, dei nuovi modelli di consumo, con forte attenzione alla tutela delle Indicazioni Geografiche”.
Il nostro Paese, come noto, spiega Qualivita, vanta il primato mondiale di prodotti agroalimentari e vitivinicoli Dop e Igp, con 840 filiere a qualità certificata che coinvolgono 180.000 operatori in tutta la penisola per una produzione che sfiora i 17 miliardi di euro. Accanto a questo asset portante del sistema agroalimentare, vi è il settore dell’industria e dell’artigianato alimentare italiano, un comparto da oltre 81.600 imprese con un fatturato di 145 miliardi di euro.
La sinergia fra settore Dop e Igp e prodotti trasformati negli ultimi anni è andata consolidandosi e rappresenta una via di crescita sempre più rilevante per molte produzioni territoriali di qualità e per le imprese della trasformazione.
Oltre la metà dei Consorzi destina alla trasformazione tra l’1% e il 10% della produzione, ma si riscontra anche che 1 Consorzio su 5 destina alla trasformazione oltre il 10% della produzione certificata totale.
L’analisi relativa all’ambito giuridico di riferimento ha rilevato un quadro normativo europeo frammentato e un “primato” italiano in termini di regolamentazione, con l’Italia unico Paese ad aver introdotto un meccanismo di autorizzazione previsto in capo ai Consorzi di tutela riconosciuti - o, in mancanza, al Ministero delle Politiche Agricole - per conferire una maggiore tutela alle Ig.
In ambito Ue, sottolinea ancora qualivita, l’esigenza di regolare l’uso delle Dop e Igp come ingredienti è emersa con il Libro Verde del 2008, mentre il Regolamento. 1151/2012 introduce per la prima volta la protezione delle Indicazioni Geografiche come ingredienti contro impieghi commerciali volti a sfruttarne la notorietà e contro qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione. Una protezione simile è ricavata in via interpretativa anche per i vini Dop e Igp dal Regolamento 1308/2013 (Ocm). Tuttavia ad oggi persiste un vuoto giuridico sull’uso specifico delle Ig nell’etichettatura, presentazione e pubblicità di prodotti alimentari.
Le linee guida elaborate dalla Commissione nel 2010 si limitano a dettare criteri non vincolanti e in mancanza di norme specifiche si applica la disciplina generale del Regolamento 1169/2011 inerente alle informazioni ai consumatori sugli alimenti. In contrasto con la tendenza europea, la normativa italiana risulta più evoluta grazie alle disposizioni previste dal decreto legislativo 297/04 e dal Testo Unico sul vino del 2016, a cui si aggiungono dettagliati criteri contenuti in due circolari del Ministero delle Politiche Agricole. La soluzione italiana spicca per essere l’unica ad aver introdotto un meccanismo di autorizzazione in capo ai Consorzi di tutela: un primato italiano che si deve al lavoro comune svolto dalla rete dei Consorzi, dal mondo dell’industria alimentare e dal Ministero, in particolare dalla Direzione generale per la promozione della qualità che, in questi anni, hanno provveduto a colmare le principali lacune giuridiche delineando un quadro di riferimento e modalità operative chiare per gli operatori del settore. Usi illeciti La ricerca ha anche analizzato i principali usi illeciti delle Ig come ingredienti riscontrati sul mercato, quali lo sfruttamento indebito della notorietà, l’evocazione, le indicazioni false ed ingannevoli sulle qualità essenziali, la mancanza dell’autorizzazione, la violazione del requisito minimo convenuto sulla quantità, lo sfruttamento indebito dell’identità visiva o della reputazione.

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TAG: DOP, IGP, QUALIVITA

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