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CINEMA & FOOD

Irriverente, godurioso, amante dei piaceri della vita: ritratto di Ugo Tognazzi nel suo centenario

A La Tognazza, dove l’attore cucinava per i grandi del cinema, suo figlio Gianmarco produce vini che rispecchiano la filosofia della “commistione”

È stato uno dei grandi protagonisti della commedia all’italiana, amatissimo dal pubblico e “mostro sacro” dell’età dell’oro della comicità, insieme ad Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi. Ma Ugo Tognazzi, di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita - l’attore era nato a Cremona nel 1922 - è stato anche un grande appassionato di cibo. La sua villa di Velletri, La Tognazza, in cui troneggiava un’attrezzatissima cucina (con l’enorme frigo ad occupare un’intera parete) è stata al centro di serate memorabili in cui Ugo Tognazzi si metteva ai fornelli e preparava pranzi e cene per decine di persone. Tra i suoi ospiti i grandi nomi del cinema, da Monicelli a Ferreri, passando per Paolo Villaggio. Molto prima che ricette, tecniche e ricerca maniacale degli ingredienti diventassero un trend, Tognazzi dedicava alla sua passione tutto il tempo libero che aveva a disposizione, tra un set e l’altro.
Come ci ricorda il gastronauta Davide Paolini in un articolo su “Il Sole 24 Ore” (e come tante volte Winenews ha già ricordato nellemsue pagine on line, ndr), Ugo Tognazzi è stato “un antesignano del chilometro zero: coltivava le sue meraviglie nell’orto della sua casa, tutt’ora attive, La Tognazza a Velletri: olio, uova, galline, oche, papere, frutta e verdure, mantenute con l’acqua del pozzo, e vino, di cui il figlio Gianmarco continua con la stessa passione la produzione di sei ottimi vini, Tapioco, Antani, Casa Vecchia, Conte Mascetti, Come se fosse, Voglia Matta”.
Proprio Gianmarco Tognazzi, intervistato anche di recente da Winenews, ricorda che suo padre, già alla fine anni Sessanta, quando tutti andavano nei supermercati, era un filosofo ante-litteram del biologico, tanto che a casa si mangiava solo quello che nasceva dalla sua terra. E racconta di come porti avanti l’attività produttiva di famiglia: “il nostro vino lo possiamo definire “Toscazio”, perchè è un blend delle uve di due regioni, Toscana e Lazio - spiega Gianmarco - in genere il mondo del vino tende a dire “io sono questo, tu sei quello”, invece la nostra filosofia, che poi è quella con cui sono cresciuto con mio padre, segue la logica della commistione. Nelle pietanze e in questo caso anche degli uvaggi. Quindi l’idea che portiamo avanti è quella della commistione tra due territori e due micro-climi. Ci vuole audacia e divertimento nel mondo del vino, e non soltanto la standardizzazione, che rispetto ma non fa parte del nostro modo di essere. Ci piace l’unione e non la separazione, e quindi vogliamo unire i territori. Il divertimento e la passione per il vino nascono proprio dalla sperimentazione e dall’alchimia. Io vedevo Ugo come un alchimista in cucina, univa prodotti del Sud con prodotti del Nord, faceva degli abbinamenti azzardatissimi, certe volte mostruosi, altre volte geniali”.
Continua Gianmarco Tognazzo: “tutto nasce dalla convivialità che si vive intorno al vino, dalla soggettività del gusto. Ognuno ci deve sentire quello che gli suggerisce il vino stesso, indipendentemente dalla sua capacità di analisi tecnica, e soprattutto deve essere coinvolto dalle storie che ci sono da raccontare, che non sono solo i tecnicismi. Le storie dietro un’etichetta servono anche ad esprimere un manifesto di vita. Adesso la mia prima attività è produrre vino, fare l’attore è un hobby. Il vino va seguito in tanti processi, dalla produzione alla distribuzione, inoltre va fatto conoscere al cliente finale. Noi facciamo accoglienza in una casa circondata da vigne, in cui la filosofia di vita di mio padre ha preso corpo, strettamente legata al mondo del cinema. Facciamo vivere a chi ama il vino l’esperienza di come è nato questo lifestyle”.
Il vino, conclude Gianmarco Tognazzi, ha anche contribuito in maniera essenziale alla nascita di tanti termini e modi di dire, diventati celeberrimi (dalla “supercazzola” in avanti) dei film di Ugo Tognazzi, storpiature nate in serate conviviali - “zingarate” per parlare di cinema e di idee - poi entrate nelle sceneggiature ufficiali.
Grande sperimentatore, sempre alla ricerca di nuove idee, Tognazzi amava stupire i suoi commensali divertendosi a “sfruttarli” come cavie per i suoi esperimenti gastronomici. Usava la tavola come una sorta di palcoscenico, in cui gli ospiti erano il pubblico da intrattenere. Un’ottima occasione per riunire amici e celebrities era anche il T.T.T (Torneo Tennis Tognazzi), che dal 1966 in avanti l’attore organizzò per ben 25 edizioni. Personaggi del cinema, della televisione e del giornalismo si sfidavano sulla terra battuta del campo da tennis della villa di Tognazzi a Torvaianica, e il vincitore si aggiudicava l’ambito trofeo “Scolapasta d’oro”. Ma la kermesse era soprattutto una scusa per memorabili bevute e spaghettate notturne. Tognazzi, che è stato addirittura protagonista di un albo di Topolino (in cui interpretava se stesso davanti ai fornelli, con lo pseudonimo di Mister Frittazzi) e ha diretto un mensile specializzato, “Nuova Cucina”, ha anche scritto diversi libri, da “L’abbuffone” a “La mia cucina”, passando per il “Rigettario” e “Afrodite in cucina”, che comprendono aneddoti divertenti, oltre che ricette manoscritte.
Ma per comprendere a pieno la smodata passione che Tognazzi nutriva per il buon cibo basta leggere le sue parole: “ho la cucina nel sangue. Il quale, penso, comprenderà senz’altro globuli rossi e globuli bianchi, ma nel mio caso anche una discreta percentuale di salsa di pomodoro. Io ho il vizio del fornello. Sono malato di spaghettite. Per me la cucina è la stanza più shocking della casa. Nessuno più di me capì l’ermetismo di Quasimodo: per una oliva pallida io posso realmente delirare. Conosco le entrate di servizio e i cuochi dei migliori ristoranti d’Europa. L’attore? A volte mi sembra di farlo per hobby. Mangiare no: io mangio per vivere”.

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