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Italia Oggi

Botti piene ma export da record ... Nelle cantine ci sono 4,1 mln di ettolitri in più rispetto al `21... Export di vino record, domanda italiana ed estera ancora vivace, ma giacenze di vino a livelli di guardia e margini delle imprese nella tenaglia dei costi. Alla fine la bussola impazzisce e forse bisognerà attendere qualche mese per capire il trend preciso. Intanto Federvini stima per l’export 2022 la cifra record di 8 mld di euro, ma poi predica cautela per il 2023. L’Osservatorio Federvini-Nomisma prevede uno scenario base con una crescita del Pil italiano dello 0,3% e uno avverso (con blocco del gas russo, rincari dell’energia e iperinflazione) in cui il Pil scivolerebbe dell’1,5%. Banca d’Italia stima per il 2023 un calo dei consumi delle famiglie dello 0,4% e un’inflazione in assestamento al 6,5%. “Troppe variabili per fare una previsione attendibile”, lamenta il dg di Federvini Vittorio Cino. “A oggi però nell’Horeca non ci sono segnali che inducano a pensare a una brusca frenata della domanda nel 2023. C’è però la possibilità che alcuni trend macroeconomici spingano verso un rallentamento congiunturale che interesserebbero Italia e Germania”. Tuttavia secondo Cino anche nello scenario peggiore “gli effetti sarebbero assorbibili. Peraltro glí ultimi dati sull’occupazione e sui consumi in Italia sono migliori delle attese mentre inflazione e produzione negli Usa e in Germania sono meno peggio del previsto. Questo quadro fa pensare anche a un aumento dei tassi più morbido”. Intanto a ottobre il ministero delle politiche agricole segnala che nelle cantine è stoccato vino per 46,5 mln di ettolitri, 4,1 mln in più dell’anno prima. I Dop sono in crescita di 2,1 mln di ettolitri (di cui 1,2 mln nel sistema Prosecco), gli Igp di 1,1 mln e i varieta-li di 0,8 min. Un quadro più preciso si avrà con i dati di fine anno. A ottobre i più sovraccarichi risultavano: Salento +39%, Prosecco Doc +33%, Conegliano e Puglia +31% e Delle Venezie +21%. Più scarichi invece Toscana, Veneto, Chianti e Chianti classico. Fermi Franciacorta, Barolo, Amarone e Brunello. A livello regionale, la Puglia ha aumentato le giacenze in un anno del 36%, il Veneto del 12,5%, il Trentino dell’11%, Piemonte ed Emilia Romagna del 9,5%. Dati preoccupanti, tanto che qualche operatore invoca il ricorso alla distillazione di crisi, come nel 2020 in piena pandemia. Quel provvedimento si rivelò un flop: residuarono 60 mln di euro che l’ex ministro, Teresa Bellanova, destinò per 50 mln alla decontribuzione dei produttori di vini da tavola e per il resto alla distillazione dei vini di pregio. Per Cino i dati del ministero sono un ottimo strumento, ma suggerisce di “prestarvi attenzione da gennaio a luglio. Non nei mesi di vendemmia, quando le attività di cantina sono in corso”. Nei fatti però l’impatto dei costi sulle redditività delle imprese non è un’invenzione. “E’ indiscutibile”, conferma il dg di Federvini. “Pensi soltanto agli effetti del caro vetro sulla marginalità e allo scorso ottobre le aziende non avevano bottiglie a fronte di consegne di vino imminenti. E’ prevedibile che nei bilanci del 2022 e del 2023 i margini delle aziende subiscano un’erosione, ma non vedo un tracollo. Oggi però il problema urgente è che alcuni grandi associati, come Antinori, Ruffino,VillaSandi,Angelini wines, lamentano la mancanza di vino”.

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