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Italia Oggi

Come è trendy quel wine bar ... Da AcNielsen e Bargiornale la prima ricerca sul fenomeno delle nuove enoteche. Under 35 il 57% dei clienti. Grazie al binomio vino-cultura ... Se il vino è di moda, il wine bar è il locale più trendy del momento. Nonché il fenomeno più interessante del mercato enologico italiano. C’era bisogno di una conferma, è venuta dalla ricerca commissionata da "Bargiornale" ad AcNielsen, la prima a fotografare l’universo italiano dei wine bar.
“Lo studio è stato condotto su 200 locali rappresentativi dei mille wine bar aperti in Italia. E pensare che solo due anni fa erano appena 400”, racconta il direttore di Bargiornale, Antonio Mungai. Cambiano le definizioni (da enoteca a osteria con mescita) ma il concetto non cambia: si tratta di locali dove si possono assaggiare vini di qualità di provenienza diversa (almeno 50 etichette diverse), serviti anche al calice e accompagnati con piatti caldi o freddi e stuzzichini.
I tavolini dove sedersi, se ci sono, hanno spazi risicati: a dominare l’ambiente è il banco di mescita (presente nel 54% di wine bar), dove ci si siede per gustarsi un bicchiere di vino, scambiare quattro chiacchere con gli amici e farsi consigliare dall’oste una nuova etichetta o un piatto casereccio. “Il wine bar è una formula di successo, perché assomma i plus di due tipologie di locali molto radicate in Italia: l’enoteca e l’osteria. Della prima ripropone i prodotti di qualità, l’assortimento e la raffinatezza; della seconda l’atmosfera familiare e il cibo genuino. E, in più, il wine bar soddisfa le esigenze di un consumatore colto o comunque curioso di approfondire la sua conoscenza sul vino”, spiega Mungai. Infatti, il nettare di bacco resta il fulcro dell’offerta e dell’identità di ogni wine bar che si rispetti. E piace soprattutto bevuto al bicchiere: in media, il 41% del venduto settimanale di un wine bar è rappresentato dalla mescita. E il vino è anche protagonista di attività e iniziative culturali ad hoc: tra degustazioni guidate, lezioni e incontri tecnici, il 62% dei wine bar ospita eventi dedicati alla cultura del vino. Un tipo di attività che attira soprattutto i giovani: il 57% dei frequentatori di wine bar ha meno di 35 anni. Perlopiù si tratta di maschi, di livelllo culturale medio-alto, curiosi di provare gusti nuovi sia nel vino che nel cibo. E il wine bar, con il suo lungo menù, sembra davvero capace di soddisfare ogni esigenza: infatti, offre in media 413 etichette diverse. La pattuglia più consistente di locali (22% del campione) propone da 51 a 100 etichette, ma c’è anche un 19% che propone da 301 a 500 etichette, e un drappello di “coraggiosi” (11%) che ha in cantina oltre 990 bottiglie diverse. La parte del leone la fanno i rossi, che rappresentano il 44% dei volumi di vendita; seguono i bianchi (31%), gli spumanti (10%), i vini da dessert (6%), i passiti e i liquorosi (5%) e, fanalino di coda, i rosati (4%).
Un aspetto importante è l’interesse per i vini locali, magari di piccole produzioni, che, mediamente, sono il 41% dei vini; quelli provenienti dal resto d’Italia sono il 49% mentre gli esteri pesano per il 10%. Stesso discorso sul piano dell’offerta gastronomica: se nelle vecchie enoteche insieme al vino si servivano piatti di salumi o formaggi, oggi almeno il 45% dei wine bar propone anche piatti caldi. E poi ancora stuzzichini e piatti freddi, torte e semifreddi, per un totale medio di 22 proposte gastronomiche.
In sei wine bar su dieci la priorità viene data ai prodotti del territorio, tipici e tradizionali, che si accompagnano splendidamente ai vitigni autoctoni o ai vini di produzione locale. “Non si tratta di sciovinismo, ma del diffuso bisogno di recuperare la tradizione regionale o nazionale, nel bere come nel mangiare”, commenta Mungai. E’ il trionfo della cultura del tipico, un fenomeno trasversale che accomuna l’Italia da nord a sud, da est a ovest. E avvicina metropoli e provincia: non a caso il 58% dei wine bar si trova fuori dalle grandi città.

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