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Italia Oggi

Presto anche il vino potrebbe fare il suo ingresso a Piazza Affari. Borsa Italiana Spa sta infatti studiando la possibilità di quotare i primi prodotti finanziari legati al vino. La notizia è stata resa nota oggi al convegno “Il vino come bene d’investimento”, a cura di MIB School of Management di Trieste (www.mib.edu/wine), svoltosi a San Casciano Val di Pesa all’interno di “Alla Corte del Vino”. “Stiamo studiando - spiega Valentina Sidoti, Executive Officer Derivates Markets Retail di Borsa Italiana Spa - la possibilità di quotare prodotti finanziari legati al vino italiano di qualità. Si tratta ancora di una fase di analisi, dato che il vino presenta caratteristiche e peculiarità diverse da ogni altro prodotto esistente: per questo il progetto richiede un accurato studio di fattibilità, sia regolamentare, sia di mercato. L’obiettivo è rendere disponibili prodotti finanziari che soddisfino da una parte i produttori, consentendo loro di reperire risorse in modo alternativo, dall’altra gli investitori, che avranno così l’opportunità di effettuare investimenti oggi difficilmente accessibili”.

Ad oggi nel nostro Paese esistono solo prodotti non quotati, emessi dalle cantine o dalle banche. “Il valore aggiunto della quotazione è indiscutibile - continua Valentina Sidoti - Innanzitutto consente la creazione di un mercato secondario, e dunque la possibilità di liquidare l’investimento; inoltre fornisce una formidabile vetrina, rendendo accessibile il prodotto ad un numero ampio e diversificato di investitori, anche esteri”. Tuttavia non mancano le difficoltà nel creare questo tipo di prodotti: basti pensare all’esempio della Borsa di Parigi, dove non è mai completamente decollato il future “Winefex”, costituito su un basket di etichette di Bordeaux. “L’esperienza francese – spiega Sidoti – conferma che il vino è un settore davvero particolare, e questo vale soprattutto per l’Italia, in cui il mercato è particolarmente frammentato. Il problema maggiore è quello di creare standardizzazione: la nostra scelta in proposito è guardare alla qualità, selezionando le etichette di pregio”. Attualmente sono le aste mondiali - se ne fanno in media 250 all’anno - a fungere da borsa per il vino. E in queste aste vengono di solito battute una cinquantina di etichette che rappresentano l’uno per cento della produzione francese, una decina di etichette italiane che coprono l’uno per mille della produzione di casa nostra, e sporadicamente bottiglie californiane, spagnole, australiane, ungheresi.

Ma per passare dal sistema delle aste a quello di una vera Borsa servono cautela e molta riflessione. E se questi prodotti finanziari potranno dare un importante contributo allo sviluppo del vino italiano, a formare i manager di domani ci pensa il primo Master in business Administration dedicato ad imprenditori e consulenti del vino, varato dalla MIB School of Management di Trieste, che inizierà il prossimo novembre.

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