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Italia Oggi

Il mondo del vino tenta il rilancio. Le esportazioni francesi calano del 13 % da gennaio 2005. Al VinExpo i produttori transalpini si interrogano su come rispondere alla concorrenza globalizzata ... In affanno, anzi in crisi. Il clima che si respira tra le vigne francesi non è dei migliori. Così come, stando alle indicazioni che arrivano da Vinexpo 2005, non sembra positiva la generale situazione della vitivinicoltura europea. Anche se, occorre subito ricordarlo, in Italia qualche timido segnale di ripresa sembra essersi manifestato. Ma il settore vive davvero un periodo di incertezza, dubbio, perplessità su cosa fare per recuperare quote di mercato.
Il dato di fondo, tuttavia, rimane tutto: l’Europa perde colpi nei confronti dei nuovi produttori, che arrivano proprio dal Nuovo Mondo e che si chiamano Cile, Argentina, Sud Africa, USA e Australia. Al Vinexpo di Bordeaux la fotografia scattata dal ministro francese dell’agricoltura, Dominique Bussererau, dice molte cose: “La competizione è forte e la riduzione degli spazi di mercato si fanno sentire in Europa e anche in Francia”. Quest’ultima nel 2004, è tornata ad essere il primo paese produttore di vino al mondo, scavalcando l'Italia; ma la crisi del settore è sempre più accentuata ed anche nei primi mesi dell'anno si è registrato un calo del 13% circa nelle esportazioni sia in volume che in valore, dopo che lo scorso anno la discesa era stata di circa il 9%. Lo scorso anno la Francia ha prodotto 55,7 milioni di ettolitri di vino e cioè il 18,6% della produzione mondiale; seguono l'Italia (50,9 milioni), la Spagna (42,1), gli Stati Uniti (19,5), l'Argentina (15,4) e l'Australia (14,7). Il consumo interno di vino continua a scendere ed e' arrivato a 33,1 milioni di ettolitri (64,3 litri per abitante l'anno).

Ciò che preoccupa, in ogni caso, è il rapporto sempre più difficile con il resto dei produttori. Sempre Bussererau, infatti, ha denunciato nel suo intervento di apertura la debolezza del vecchio continente che non riesce a fronteggiare la concorrenza e che è sceso - nei suoi cinque paesi di punta - al 64% degli scambi internazionali. Nel 2004 la Francia ha registrato con 5,56 miliardi di euro di valore delle esportazioni una riduzione del 9,2% in valore con 14,2 milioni di ettolitri. Nello steso anno ha importato 5,5 milioni di ettolitri di vino, provenienti in maggior parte da Italia, Spagna e Portogallo. Sembra salvarsi solamente lo Champagne. Per il resto, i primi dati dell'anno indicano un calo del 13,2% di esportazioni sia per quanto riguarda il valore che la quantità.

Una situazione grave, dunque, tanto da spingere Parigi a nominare una sorta di superesperto, che nei prossimi mesi dovrà proporre azioni forti per far compiere uno scatto in avanti alle bottiglie d’oltralpe, e creare un fondo per interventi mirati sul comparto.

Ma è l’intero mondo del vino a muoversi in cerca di un percorso diverso da tutti quelli precedenti. Anche in Italia. Questo sulla base del cambiamento delle modalità di consumo, della crescita dei prezzi delle etichette, della modifica stessa delle abitudini alimentari e, ovviamente, sotto la pressione della concorrenza estera.

Basta qualche dato per capire. In dieci anni, per esempio, il consumo di vino in Italia è cambiato radicalmente. A crescere, infatti, sono stati i vini di pregio, a scendere quelli da tavola. In diminuzione, poi, il comparto dei vini rossi, in salita quello dei bianchi e dei rosati. Oggi, quindi, il segmento dei Doc-Docg ha raggiunto una quota pari a un terzo degli acquisti totali di vino (all’inizio degli anni ‘90 l’incidenza era del 15%). I vini da tavola sono scesi dall’85 al 67%. Intanto, mentre si fa un gran parlare della valorizzazione dei vini italiani nel mondo, l’Ismea ha ricordato che guardando alla ripartizione degli impieghi, emerge che il 36% della produzione totale è destinato ai consumi interni e solamente il 17% alle esportazioni. Tutto mentre Federvini, nella sua ultima assemblea, ha confermato che una leggera ripresa del settore nel 2004 c’è pur stata, ma che le imprese sono ancora troppo piccole e i produttori troppo vecchi.
Intanto, mentre due vini di Zonin hanno vinto proprio al Vinexpo, i produttori italiani si interrogano. “Non è un momento facile per l’Italia del vino - commenta a questo proposito Marco Caprai, fra i viticoltori italiani più in vista e titolare della Arnaldo Caprai di Montefalco in Umbria - l’estrema complessità della nostra offerta e le piccole dimensioni delle aziende di casa nostra sono penalizzanti in un contesto internazionale e rischiano di farci perdere grosse occasioni”. Ma allora che fare? Per Caprai serve tornare anche sulla formazione: istituire scuole da cui far uscire gli operatori del settore, addirittura “testimonial” della nostra cultura e della nostra tradizione enogastronomica. “E’ una scelta strategica - aggiunge Caprai proprio parlando dei cugini-concorrenti francesi - che già la Francia sta portando avanti”. Globalizzazione e struttura produttiva nazionale, sembrano in ogni caso, i due termini del problema che i vitivinicoltori italiani ed europei devono risolvere e che al Vinexpo è rimbalzato. “In un mercato mondiale sempre più globalizzato e aperto all’ingresso di nuovi protagonisti - ha aggiunto per esempio Enrico Viglierchio di Banfi - la parola d’ordine per il vino italiano è la conquista di nuovi mercati: dobbiamo puntare a qualificare ulteriormente la nostra immagine e ad allargare il giro d’affari, avviando azioni di promozione nei Paesi che hanno già dimostrato di apprezzare i migliori prodotti del nostro Paese - come Russia, Est Europa e Giappone - e in quelli con grandi potenziali di sviluppo, come la Cina”. Proprio quello che la Francia ha già iniziato a fare, e con decisione.

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