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Italia Oggi

Un patto sociale per salvare il vino. Gianni Zonin, banchiere e principale produttore privato, rilancia il suo piano per il settore. Progetto condiviso da Ministero, associazioni e consumatori ... Chiede un patto sociale tra tutti i soggetti che operano intorno al vino per combattere, fino a che si è in tempo, la grave crisi che da alcuni anni attanaglia il settore. Gianni Zonin, il più grande produttore privato in Italia, con undici aziende tra Italia ed estero, lo va dicendo da tempo. Già dalla tribuna del Vinitaly aveva lanciato la proposta, caduta in un assordante silenzio delle categorie. L'ha rispolverata di recente, in una lunga intervista a Winenews, il più autorevole sito del vino in Italia, ma finora non ci sono state reazioni. Distrazione? Disinteresse? Approvazione così tacita da non essere neppure manifestata? Chissà. Eppure il mondo del vino, così parcellizzato e arroccato sulle qualità e sui problemi che non vanno al di là della collina del vicino, è molto attento a ogni pur modesto stormire di fronde, quando sono messi in pericolo diritti acquisiti e posizioni di rendita, quando si produce anche a magazzini pieni e a prezzi stracciati, ma si continuano a mantenere prezzi alti, perché l'immagine e la qualità sono importanti.
Eppure Gianni Zonin dice cose molto semplici e chiare: serve che governo, categorie e consumatori si mettano intorno a un tavolo per trovare soluzioni alla crisi del settore, il più importante per quanto riguarda l'export agroalimentare. Il governo deve essere il regista, ma le associazioni di categoria devono essere fattive collaboratrici della riforma, così come i consumatori e tutte le categorie che operano nella filiera, dai trasformatori, ai trasportatori, ai ristoratori, alla distribuzione. In primis, dice Zonin, andrebbe ridotta l'Iva dal 20 al 10% per equipararla a quella di altri paesi concorrenti come la Spagna. Questa flessione porterà a una riduzione dei prezzi al dettaglio e a un consumo meno sofferto. I produttori dovrebbero poi farsi carico di un fondo per la comunicazione globale del settore e per rilanciare i consumi e per spiegare le qualità organolettiche del vino, sostenute anche dall'Oms.
Zonin non si fa però soverchie illusioni. Ha avuto riscontri dalla sua proposta, rilanciata due volte? «Silenzio totale», dice sconsolato a Italia Oggi. E poi, con orgoglio aggiunge: «Io mi sento con la coscienza a posto. Avverto che la crisi continua a diventare sempre più grave, ma che si può intervenire ancora, anche se in extremis. Propongo qualche soluzione, ma se altri hanno idee migliori delle mie, ben vengano. L'importante è che se ne discuta e che si decida».
E qui sta il vero problema: decidere. Su chi e su cosa? Sulla riduzione dell'Iva? Da due anni la chiede il mondo del turismo e da due anni il governo fa finta di non sentire. Dei soldi dell'Iva ha bisogno come il pane per andare avanti e non aprire ulteriori voragini nei conti pubblici. Sull'adeguamento dei prezzi alla produzione? I recenti fatti pugliesi, con morto annesso, sono lì a testimoniare che il progressivo calo dei prezzi delle uve imposto dai trasformatori e dagli imbottigliatori è un macigno, solo in parte arginato dalla mediazione del governo sulla compartecipazione alle spese di trasporto delle uve alle cantine. Sulle cantine stracolme di vino invenduto? E come la mettiamo con anni di vacche grasse in cui i produttori hanno continuato a fare lievitare i prezzi perché l'export tirava, il consumo interno lievitava grazie alla moda dei vini di grido? Non è un caso che a soffrire di più siano Piemonte, Toscana e Sicilia. Barolo, Barbaresco, Chianti, Nero d'Avola sono state le prime donne di un mercato globale che ora guarda anche altrove, alle novità che vengono dai mercati emergenti, a prezzi più contenuti. Sulla parcellizzazione dei vigneti? E come convincere gran parte degli 800 mila produttori, il cui vigneto medio ha una superficie di un ettaro, contro i 4 della Francia e i 10 della Spagna ad abbandonare attività sempre meno remunerative o ad accorpare fazzoletti di terreno?
Sembrano nodi gordiani. Adeguare sviluppo, prezzi più bassi, giusta remunerazione, crescita delle superfici appare, al momento, una missione impossibile. Ma almeno uomini coraggiosi come Gianni Zonin stanno provando a parlarne. Chiudersi nei perticolarismi di borgata, negli orgogli della tradizione e della parrocchia rischia di diventare la via più rapida verso il suicidio collettivo. Con buona pace della millenaria tradizione vinaria nazionale. (arretrato di "Italia Oggi" del 6 settembre 2005)

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