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Italia Oggi

Il futuro del vino si gioca sul brand … Il futuro del vino italiano non si misura solo sulle produzioni, sulla qualità, sulle quote di export e sulla conquista di nuovi mercati. Si confronta anche con strategie di più ampio respiro, che interessano i produttori, dal Trentino alla Sicilia. Un tema che periodicamente riemerge, quasi con percorsi carsici, è quello del brand vinicolo. Meglio privilegiare il marchio dell'azienda o quello del territorio per far conoscere il prodotto sui mercati? La risposta non è univoca: due scuole (forse tre) si confrontano, qualche volta si scontrano, ma poi la pax vinicola torna a dominare e ciascuno prosegue sulla sua strada. Dibattito inutile, dunque? Certamente no: è giusto che se ne parli e ci si confronti, come faranno domani i giovani produttori vinicoli di Agivi, in un convegno a Roma, realizzato in collaborazione con Buonitalia e la partecipazione di esperti e docenti di diversi atenei. Un appuntamento, quello di Agivi, che si rinnova annualmente, ogni volta prendendo di petto i temi caldi della vitivinicultura, come quello, affrontato l'anno scorso, su «Buono non basta».

Ancora una volta, dunque, torna, sotto diverse forme, il dibattito sul marketing strategico del settore. Non è di poco conto definire, all'interno delle politiche aziendali, le strategie per vendere meglio il prodotto. Stabilire cosa sia meglio, se l'enfasi data al brand aziendale o quella che si appoggia sul territorio. Le due scelte corrono parallele. Nessuna, in realtà, è, in assoluto, migliore dell'altra. Puntare sul territorio ha il vantaggio di una precisa identificazione geografica. Questa politica non è però priva di inciampi. L’operazione è riuscita perfettamente ai produttori del Trentino, ma meno a quelli del Piemonte, per fare un esempio.
Puntare invece sul marchio aziendale prevede che esso sia già emerso o stia emergendo con prepotenza nel panorama vitivinicolo. È un’operazione più difficile della prima, perché l'azienda gioca da sola sul mercato.

«Io credo», spiega Enrico Drei Donà, presidente di Agivi, «che le due realtà continueranno a convivere. Non credo vi sarà, anche in futuro, una scelta di campo netta. D'altronde», spiega ancora, «anche in Francia il territorio non predomina sempre sul brand aziendale; in questi ultimi anni molte aziende hanno puntato sul loro marchio per caratterizzarsi ancora meglio».

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