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Italia Oggi

Tutto quello che si deve sapere per esportare vino negli Stati Uniti ... In America! In America! Gli Stati Uniti sono visti come il nuovo Eldorado, per i produttori di vino italiani,dopo la flessione dell'export in Germania. I dati alimentano questo fervore: esportazioni in continua crescita, quote di mercato in espansione.
Ma il mercato statunitense del vino è veramente l'Eldorado? E quali problemi ci sono nel presentarsi al consumatore d'Oltreoceano? I problemi sono tanti, la conoscenza di sistemi normativi, fiscali e distributivi è essenziale per tentare di avere fortuna negli States. Lo ha messo in chiaro Leonardo Lo Cascio, presidente e a.d. di Winebow, maggior importatore di vini degli Stati Uniti. Lo Cascio ha parlato nell'ambito del convegno sul mercato del vino negli Stati Uniti, organizzato nell'ambito della manifestazione Vino in villa, la grande vetrina del Prosecco svoltasi nel fine settimana al castello di San Salvatore a Susegana (Treviso). Innanzitutto, ha spiegato Lo Cascio, va chiarito chi è il consumatore di vino negli States. Tre le tipologie principali: il neofita, il value oriented, e l'edonista. Il produttore italiano individuare a quali di queste tre fasce proporre il suo vino e pianificare, sempre insieme all'importatore, la strategia commerciale da adottare nei due soli canali distributivi ammessi: ristorazione ed enoteca (i supermercati e i negozi non possono vendere vino). Anche il marketing è fondamentale, a partire dall'etichetta. Il neofita punta su nomi evocativi e semplici, su profumi floreali, su pochi e stranoti vitigni. L'edonista punta invece su collezionismo, prestigio, prezzo della bottiglia, consigli delle grandi riviste specializzate.

C'è anche la realtà macroeconomica da analizzare. Se il vino è la voce principale dell'export agroalimentare italiano negli Usa (770 milioni di euro, pari al 44% dell'export di settore, con trend in crescita), non si deve dimenticare, come ha fatto notare Stefano Raimondi responsabile vini dell'Ice, che il mercato americano è in rapida evoluzione.

Manca infine, «lungo tutta la filiera promo-commerciale, una strategia di comunicazione in grado di cogliere il contatto con il consumatore e quindi di trasferire le valenze del prodotto», ha detto Raimondi.

Sulle potenzialità di crescita del Prosecco negli Usa è stato infine lapidario il giudizio di Pierpaolo Penco: «Considerando che il 60% dei consumatori è composto da donne e ciò vale per tutte le fasce di prezzo, che circa il 95% del vino viene consumato entro le 48 ore dall'acquisto, prevalentemente nell'ora prima di cena (quindi se bevi un vino come aperitivo sei attratto da un gusto fruttato-amabile), che il segmento delle bollicine stra crescendo, il mercato americano è una grande opportunità per il Prosecco, a patto che non diventi un vino indistinto, ma riesca a creare una percezione di qualità e di stile, una storia da raccontare, qualcosa che lo renda un prodotto unico».

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