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Italia Oggi

E ora il governo ribattezza il Tocai. In Gazzetta il provvedimento Mipaaf che pone fine alla querelle sul nome del noto vino bianco. Si chiama “Friulano”, per decreto. Ci sarà solo Tokaji magiaro ... Via Tocai, avanti Friulano. La possibilità per i viticoltori del Friuli-Venezia Giulia di utilizzare il nuovo sinonimo è stata sancita ufficialmente dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale del 30 marzo 2006. Ma, si badi bene, si tratta di un sinonimo che affianca (e non sostituisce) gli attuali “Tocai friulano” e “Tocai italico” e potrà essere utilizzato soltanto per le uve del vitigno omonimo prodotte in Friuli-Venezia Giulia che si trasformano, annualmente, in circa cinque milioni di bottiglie.
I vignaioli delle altre regioni che producono il Tocai, dovranno trovarsi un sinonimo diverso che sarà individuato a settembre, nella prossima riunione del Comitato vite. Per quanto riguarda il Friuli-Venezia Giulia, ciò significa che, fino a tutto marzo del 2007, quando secondo le norme europee il Tocai o, meglio, Tokaji, sarà una denominazione a uso elusivo dell’Ungheria, si potrà etichettare il vino omonimo con le tre diciture. E che questo sia probabile, lo ammettono gli stessi protagonisti. Da un lato (uso del Friulano, esclusivamente), si schiera Federdoc Fvg, la Federazione regionale che raggruppa i nove Consorzi a Doc e a Docg della regione; dall’altro una parte della cooperazione che pare decisa a non mollare sulla “vecchia” denominazione storica.
Luigi Soini, direttore della cantina produttori di Cormòns (con 200 soci), conferma questa linea. “La cooperazione vitivinicola del Friuli-Venezia Giulia”, spiega, “è l’unico privato che ha sostenuto con determinazione e continua a sostenere l’azione giudiziaria a Bruxelles per far si che il nostro vino bianco possa mantenere la sua originaria denominazione. L’unico appoggio in questa nostra sacrosanta azione di tutela l’abbiamo avuto dalla Regione. Noi non molliamo fintanto che, fra l’altro, la Corte di giustizia europea non avrà emesso il proprio parere definitivo. Perciò, nella nostra cantina, continueremo a etichettare le bottiglie con la dicitura di Tocai friulano”. Federdoc Fvg e Regione, la pensano diversamente. “Friulano è la denominazione condivisa e scelta da tutte le Doc regionali”, sottolinea il presidente di Federdoc, Stefano Trinco.
“Ora, operando tutti uniti, dobbiamo evitare la confusione delle etichette e far in modo che, con una adeguata campagna promozionale, il Friulano diventi il vero vino bandiera del nostro territorio”. Per sostenere la promozione, naturalmente, servono risorse che i viticoltori friulani non sono in grado di mettere in campo. Al proposito, è sorto un piccolo giallo. Fino alla fine di marzo del 2006, l’allora ministro all’agricoltura Gianni Alemanno, aveva sostenuto che in appoggio alla campagna di promozione del Friulano sarebbero stati messi a disposizione dal Mipaf, provenienti dall’Ue, 12 milioni di euro.
Forte di questa “promessa”, la regione aveva messo sul piatto altri 3 milioni di euro (per un totale di 15 milioni di euro) sui quali si erano scatenati gli “appetiti” dei potenziali gestori. Dopo le elezioni, la doccia fredda. Il neo ministro Paolo De Castro, annuncia alla Regione che, rovistando tra le carte, i soldi promessi dal suo predecessore non si trovano da nessuna parte, ma... Con un primo sforzo governativo di buona volontà, per non tradire le aspettative dei Friulani, vengono stanziati immediatamente 4 milioni di euro.
“La Regione farà la sua parte”, annuncia l’assessore alle risorse agricole del Friuli-Venezia Giulia, Enzo Marsilio, “e metterà subito a disposizione un ulteriore milione di euro. Siccome il piano promozionale avrà durata triennale, dopo l’inizio della campagna avremo tempo e modo di recuperare il resto delle risorse necessarie”. Gli interventi previsti nel Piano regionale, oltre a disegnare un’ampia strategia commerciale e di marketing, sono pure finalizzati al miglioramento qualitativo del prodotto con l’obiettivo di trasformare l’elemento di criticità derivato dalla (probabile) perdita del nome storico, in una opportunità strategica.
Il Friulano, dunque, nelle intenzioni di buona parte dei produttori vitivinicoli regionali, dovrebbe diventare il vino bandiera del territorio, individuando anche nuove sinergie con il settore turistico. In merito, Fedagri-Confcooperative, per bocca del presidente regionale, Noè Bertolin, esprime la propria preoccupazione sui veri destinatari dei fondi che, a suo avviso, dovrebbero essere i produttori che sono i veri danneggiati dall’ipotizzato cambio di denominazione. Va detto, infine, che la battaglia di questi anni sul Tocai ha giovato ai viticoltori friulani regalando una forse inaspettata fama al loro bianco più tradizionale accompagnata da un sensibile aumento delle vendite.
Quanto il cambio di denominazione possa danneggiare l’immagine (e il mercato del vino) nessuno riesce a quantificarlo. Alcuni segnali, però, paiono evidenziare l’inizio di qualche problema commerciale. Proprio grazie alla fama acquisita, non tutti i clienti (soprattutto esteri), sarebbero disponibili all’acquisto del Friulano anziché del più consolidato e “famoso” Tocai. (Arretrato del 26 agosto 2006)
Autore: Adriano Del Fabro

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