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Italia Oggi

Più chiarezza nelle etichette dei cibi ... La Cia ribadisce l’importanza della sicurezza alimentare alla luce di un indagine condotta nell’Ue. Europei disposti a pagare anche per la tracciabilità dei prodotti... Attento alla qualità, alla tipicità e ai requisiti di sicurezza degli alimenti. E questo l’identikit del consumatore europeo, che vuole più trasparenza nell’etichetta dei prodotti agroalimentari tanto da esser pronto a pagare di più per conoscere la tracciabilità di un prodotto e a orientare le proprie scelte d’acquisto in base alla genuinità riscontrata nei cibi. Anche se attorno al concetto di tracciabilità permane un po’ di confusione terminologica. Almeno secondo quanto evidenziato dalla Confederazione italiana agricoltori (Cia) sulla base di un’indagine condotta nell’Ue da una società francese di rilevazione sull’attenzione dei cittadini nei confronti di quello che mangiano in termini di sicurezza, qualità e tipicità. A dimostrare l’importanza fra i cittadini europei della tracciabilità di un prodotto alimentare è il fatto che il 71% del campione si dichiara disposto a spendere qualche euro in più pur di conoscere l’iter che il prodotto ha percorso fino ad arrivare sulle tavole dei consumatori.
La Cia ha inoltre sottolineato come per oltre l’80% dei casi i principali campi dove la tracciabilità è giudicata prioritaria sono la salute (82%) e l’alimentazione (81%). Il 70% degli intervistati, poi, considera essenziale avere l’elenco dei componenti e degli allergeni di un prodotto, mentre il 72% si augura di avere delle notizie sugli imballaggi e sulle avvertenze del prodotto. Ma se l’esigenza della tracciabilità di un alimento viene avvertita in maniera accentuata, tanto che l’84% degli intervistati ritiene che sia un tema poco trattato, nei vari paesi del Vecchio continente non manca la confusione terminologica. In Francia (68%) e in Italia (65%), la tracciabilità è definita come «il percorso di un prodotto dal fabbricante al consumatore». Nel Regno Unito (45%) è assimilata al concetto di «risalire una trafila», mentre per il 17% dei tedeschi significa «ritrovare l’origine di una lettera o di una chiamata telefonica», e per un altro 11% vuole dire «controllare le attività bancarie/telefoniche su internet». Il dato rispecchia il modo in cui l’elemento sicurezza e genuinità dei cibi può incidere sugli acquisti. Nella penisola la qualità del cibo influenza l’89,8% delle persone davanti a uno scaffale, percentuale che scende all’86,3% in Francia, al 72,4% in Spagna, al 68,8% in Inghilterra e al 40,6% in Germania.
A parte le definizioni più o meno corrette, in generale il 61% dei consumatori pensa che la tracciabilità sia lo strumento che permette il «ritiro dei prodotti che potrebbero rivelarsi pericolosi», il 58% pensa che essa rassicuri i consumatori sulla qualità dei pro-dotti acquistati» e il 45% che garantisce «il controllo del prodotto». A individuare nel fabbricante e nei poteri pubblici il «garante e il responsabile della tracciabilità» è, rispettivamente, il 57% e 49% del panel.
(arretrato di Italia Oggi del 12 dicembre 2006)

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