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Italia Oggi

Imprese a caccia di venture capital ... Convegno Confagri su finanza e agricoltura. L’associazione punta ai fondi d’investimento privati. Vecchioni alle banche: investite. Ma pesa la bassa redditività... «Vogliamo attrarre venture capital, private equity e altri strumenti finanziari per sostenere gli investimenti e i progetti delle imprese agricole. Ma le banche continuano a valutare le loro possibilità d’investimento in campo agricolo solo in base alla redditività delle imprese. Che è strutturalmente bassa nel breve periodo. Dunque, per attrarre i capitali di rischio in campo agricolo è necessario diversificare gli investimenti e orientare le imprese anche verso altre funzioni economiche, come la distribuzione e la commercializzazione dei prodotti, o la bioenergia. Le banche, però, dovranno fare la loro parte». Così Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, ha sintetizzato ieri il suo pensiero a ItaliaOggi, a margine del convegno organizzato dalla stessa organizzazione sul rapporto tra finanza e agricoltura. Presenti all’appuntamento attori del credito, particolarmente legati al mondo agricolo: Augusto dell’Erba, presidente di Iccrea Banca; Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco popolare di Verona e Novara (Bpvn), Sergio Lenzi, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara e Mario Maestroni, presidente della Banca Popolare di Cremona.
La proposta di Confagricoltura. Per Vecchioni «il sistema finanziario ha avuto finora in agricoltura un approccio limitato agli strumenti tradizionali, quali il prestito e il mutuo», ma oggi l’introduzione di nuovi servizi di finanza di impresa appare «una scelta obbligata». Il presidente di Confagricoltura traccia anche una strada da percorrere: il modello, dice, potrebbe essere quello offerto dal settore del vino; e cioè «attività di corporate finance, di fondi di investimento, di mercati dei futures e venture capital». A tal proposito va però rilevato che finora, almeno in Italia, gli istituti di credito non hanno supportate iniziative del genere, se non in qualche caso occasionale. Lo strumento dei future del vino non è mai decollato e gli esempi sul mercato sono rari. Ma Vecchioni non si arrende e accusa: finora «il settore agricolo è stato penalizzato dal “complesso sistema burocratico degli enti locali” che nella gestione del credito agevolato si è tradotto in ritardi nell’erogazione delle agevolazioni». E in questo contesto, ha chiosato, «il comportamento di molte banche non è stato esente da responsabilità». Così, per cambiare registro, Vecchioni si aspetta una sorta di «Patti chiari» delle banche per l’agricoltura e le sue imprese; e ai presidenti degli istituti di credito presenti al convegno ha detto di non volere la riapertura delle banche agricole, «ma le banche, nel valutare i progetti delle imprese agricole, devono tener conto della redditività di lungo periodo». Il nodo sta proprio qui. Le pèrplessità che le banche hanno nell’investire con proprio capitale di rischio in progetti delle imprese agricole si scontra con la bassa redditività a breve che caratterizza le attività del settore.
Le banche rispondono. A focalizzare il quadro è Maestroni, della Banca popolare di Cremona, che avverte: «le banche guardano alle prospettive di crescita delle aziende e, fino a oggi, ciò che emerge è la difficoltà di redditività delle imprese agricole; anche se, in campo bioenergetico, ci sono prospettive interessanti».
Sulla stessa linea Carlo Fratta Pasini, presidente Bpvn, secondo cui: «Il private equity può essere utilizzate per investimenti in agro-energia, biomasse e biogas, perché garantiscono maggiore redditività a breve», mentre per il comparto del vino «un loro utilizzo non è coerente con la tipologia d’investimento», perché «questi strumenti si basano su capitali nervosi, che pretendono subito un ritorno». Fatta Pasini poi ha aperto all’utilizzo di merchant bank per supportare finanziariamente i passaggi generazionali in azienda: «Anche se non garantiscono grandi ritorni», dice, «simili investimenti possono essere interessanti, perché legati alla messa in sicurezza della proprietà delle imprese e alle nuove prospettive che si aprono a seguito del ricambio generazionale».
Da parte sua, Lenzi, della Fondazione cassa di risparmio di Ferrara, ha chiosato: «La banca non può sostituirsi all’imprenditore; è necessario che le associazioni imprenditoriali agricole guidino gli investimenti e le scelte dei loro associati». Una posizione cui ha fatto eco Augusto dell’Erba, di Iccrea Banca, secondo cui: «il finanziamento dei progetti agricoli ha bisogno di azioni di patronato. Le associazioni, attraverso i confidi, devono dare sostegno a breve alle imprese agricole e, affiancandole, possono garantire una caratura credibile ai progetti che gli agro-imprenditori presentano in banca». Tirando le somme, Vecchioni ha lanciato la pietra nello stagno. Chiedendo maggiore capitale di rischio bancario nelle imprese agricole, punta a rafforzarle sui mercati, in vista della sforbiciata che l’Ue darà agli aiuti Pac, a partire dal 2013. Le banche per ora restano alla finestra. Ci sono alcuni nodi da sciogliere. Primo tra tutti, oltre alla bassa redditività a breve endemica per le attività agricole, quello della trasparenza delle stesse imprese, in gran parte non tassate a bilancio.
Per questo Vecchioni avverte: «Dobbiamo diversificare gli investimenti, essere presenti nella distribuzione e nel commercio per recuperare redditività. Ed essere trasparenti sul fronte dei bilanci per risultare credibili, così da attrarre capitale finanziario». La rotta è tracciata.
(arretrato di Italia Oggi del 31 gennaio 2007)

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