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Italia Oggi

A pranzo sull’Orient-Express ... Il 4 ottobre del 1883 fu inaugurato l’Orient Express, il favoloso treno ideato dal banchiere belga George Nagelmacher per unire Parigi con Vienna, Budapest, Bucarest e, poco più tardi, addirittura Londra con Costantinopoli, fino a Baghdad e a Il Cairo. Era il treno che anticipava l’esordio della Belle époque con il senso fastoso e orgoglioso che accompagnava l’ascesa della borghesia e il trionfo della modernità. Quel treno non era solo il simbolo di un mondo in movimento, ma dì quell’avvio della globalizzazione che mirava a rompere le frontiere e a unire Oriente e Occidente. L’Europa, allora, era ancora il centro del mondo e la sua civiltà marciava con la stessa velocità del treno, lasciando a bocca aperta popoli e culture rimaste indietro di secoli come i cavalieri ungheresi, i pastori dei Carpazi e i contadini rumeni. Gli ospiti invitati al viaggio inaugurale, politici, ministri, banchieri e giornalisti partirono da Parigi all’imbrunire e, quindi, non fecero nemmeno in tempo a prender posto nelle loro carrozze che furono invitati ad accomodarsi nel lussuoso vagone ristorante.
Nella sala da pranzo, addobbata con tendaggi azzurri alle pareti affrescate in stile rinascimentale, servivano schiere di camerieri in parrucca. I tavoli, Coperti di finissimi tessuti damascati, erano apparecchiati con porcellane di Sévres, cristalli e argenterie. Quando cominciò il pranzo furono servite dieci portate: potage, arrosti, ostriche, caviale, pesce, selvaggina, capponi, torte farcite, gelati e champagne della famosa ditta Lechére de Reims. Nel lungo viaggio il menù si modellava a seconda delle città attraversata. A Budapest si servì del gulash, pasticcini di noci e vino tokay. Via via che il viaggio proseguiva si potevano gustare storioni, caviale fresco o pilaf turco. Quello che, però, rimase il simbolo di questo treno fu lo Champagne, che non mancava mai. Così l’Orient-Express rimase l’emblema di un’epoca e nessuna manifestazione dei no-global riuscì mai a interrompere il suo percorso ma, semmai, fu la guerra, la Grande guerra, che ruppe l’incantesimo della Belle époque.
(arretrato di Italia Oggi del 3 marzo 2007) 

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