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Italia Oggi

Vini di qualità, comanda il consorzio ... Decreto Mipaaf in arrivo. Costi delle verifiche spalmati sulla filiera produttiva. E un logo anti-falso. Controlli a tappeto e tracciabilità dei prodotti affidati agli enti... Tutte le fasi del processo produttivo di un vino di qualità (V.Q.P.R.D.) dovranno essere sottoposte a un sistema di controlli a tappeto e di tracciabilità. Ma a gestire il tutto potranno essere solo i consorzi di tutela riconosciuti (e muniti dell’incarico di vigilanza, ai sensi della legge 164/92), le associazioni che li raggruppano o enti pubblici appositamente dedicati. Nessun altro. È questo il principale vincolo stabilito da un decreto del ministro per le politiche agricole, in corso di emanazione, di cui ItaliaOggi è giunta in possesso e che, ancora, non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Un provvedimento, che stila, nero su bianco, le disposizioni sul controllo dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D., appunto); cioè, per tutti i nettari etichettati con denominazione d’origine, sia essa Doc o Docg. Il tutto in attesa che venga completato il processo strutturale di revisione del sistema dei controlli e venga ridefinito il quadro normativo previsto dalla legge n. 164/1992.
Dunque, la sperimentazione avviata dal dicastero delle politiche agricole è finita. I consorzi saranno in prima fila nell’esercitare la titolarità dei controlli di qualità; analisi che dovranno inderogabilmente essere a tutto campo (erga omnes). E i costi? Semplice, quelli “derivanti dalle attività di controllo sono posti a carico di tutti i soggetti appartenenti alla filiera produttiva”, rileva il decreto. In sostanza, chi produce, chi distribuisce e chi vende avrà tutto a carico, onori e oneri; lo stato non sborserà nulla. L’attività di controllo dovrà però avvenire in base a schemi ben definiti, approvati dal ministero delle politiche agricole, d’intesa con le regioni competenti entro un mese dall’entrata in vigore del decreto in questione. Questi schemi di controllo dovranno anche includere i prospetti tariffari legati al monitoraggio dei vini. Poi, una volta varati i disciplinari, le filiere vitivinicole regionali che rappresentano le singole denominazioni d’origine (Do) dovranno individuare entro sei mesi il soggetto cui affidare i controlli sulla Do. Se questo non sarà fatto in tempo utile, toccherà alla regione effettuare direttamente la scelta. Le stesse regioni, però, prima di procedere “all’investitura”, indicando al Mipaaf l’ente cui affidare i controlli sul vino, dovranno verificare che questo risponda a una serie di requisiti. Dodici in tutto, stilati in allegato al decreto. Tra questi, la previsione che il personale incaricato, dal consorzio di tutela, ad applicare il piano dei controlli abbia una comprovata esperienza nel settore vitivinicolo di almeno cinque anni. E che il restante personale addetto all’attività di verifica debba possedere una esperienza comprovata nel comparto vitivinicolo di almeno un triennio.
Comunque, una volta individuato il consorzio competente a svolgere verifiche erga omnes su una determinata denominazione d’origine, toccherà a quest’ultimo proporre il piano dei controlli e le relative tariffe da esibire alle imprese. Il Mipaaf porrà, quindi, il suo sigillo sul piano proposto dal consorzio; un’autorizzazione, quella ministeriale, che avrà durata triennale, ma sarà rinnovabile. Il placet sarà però revocato quando il consorzio di tutela perderà i requisiti richiesti o non appena verrà violato il piano tariffario.
E cosa succede quando le zone di produzione di più denominazioni d’origine siano sovrapposte? E i controlli siano stati affidati ad enti diversi? Beh, a quel punto il decreto parla chiaro: le ispezioni presso le singole imprese saranno affidate ad uno solo tra i consorzi autorizzati ad esercitare le verifiche sulle denominazioni. Il compito di individuarlo sarà affidato anche stavolta alla regione. Ma il consorzio incaricato dovrà, comunque, comunicare, per competenza, i dati raccolti agli altri enti titolari dell’esecuzione delle ispezioni sulle singole denominazioni.
Infine, un paio di regole sulle fascette. Le cui caratteristiche verranno, di volta in volta, stabilite per ogni denominazione dai decreti contenenti i piani di controllo e i relativi tariffari. Toccherà, comunque, alla ditta imbottigliatrice apporre sulle bottiglie la fascetta identificativa, stampata dal Poligrafico dello stato, attestante l’avvenuto controllo e contenente la numerazione progressiva. In alternativa alla fascetta del Poligrafico sarà possibile utilizzare il lotto, attribuito alla partita di vino certificata dalla stessa ditta imbottigliatrice. Presto, però, le fascette identificatrici verranno meno. Quando? Non appena verranno emanate le regole per l’utilizzo del nuovo ologramma di stato per le produzioni a denominazione di origine registrata. Il cosiddetto logo di stato anticontraffazione.

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