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Italia Oggi

Braccio di ferro a Bruxelles ... Due visioni contrapposte sulla riforma Ocm: l’Italia mira alla qualità, l’Ue al mercato Tra estirpazioni, etichette light e meno aiuti di crisi... Più aiuti alle estirpazioni dei vigneti. Sempre meno fondi per la distillazione di crisi. Nel mirino anche lo zuccheraggio dei vini e i finanziamenti all’utilizzo dei mosti. Sono alcune delle misure che hanno caratterizzato finora 1’ organizzazione comune del mercato vitivinicolo europeo, su cui, in vista della riforma, si sono scatenate di volta in volta le proteste o gli aut aut degli operatori economici o delle istituzioni. Siano esse nazionali o comunitarie. Sullo sfondo, la stesura definitiva della proposta di direttiva Ue, attesa per luglio. a cui sta lavorando la commissaria europea all’agricoltura e allo sviluppo rurale, Mariann Fischer Boel. In continuo slalom tra le esigenze degli stati del Sud Europa (Francia, Italia e Spagna su tutti, incontrastati player di mercato) e le pressioni lobbistiche dei paesi a nord nel Vecchio continente.
Dove la grande distribuzione e qualche imprenditore, attratti dagli alti margini di profitto che il business del vino consente, sono sempre più orientati a sostenere i deboli vini nordici sui mercati (attraverso il ricorso allo zuccheraggio, come strumento per incrementare la gradazione alcolica dei prodotti) e ad aprire ulteriormente l’accesso ai calici dell’Unione per i nettari importati da stati competitor. Come l’Australia, il Cile o la California. La partita, comunque, è ancora tutta da giocare. Il commissario europeo ha annunciato, al forum Confagricoltura di Taormina della scorsa settimana, che avrebbe fatto di tutto per tagliare i finanziamenti alla distillazione di crisi “perché”, ha chiosato, “è inutile finanziare imprese che non riescono a vendere il loro prodotto sul mercato, destinando loro ben 500 mln di euro; mentre, è meglio sostenere la promozione del vino, destinando a questa misura più degli 1,4 mld di euro finora a disposizione”.
Nel mirino, anche i finanziamenti allo zuccheraggio, il cui taglio non può che essere accompagnato da una sforbiciata alle misure di sostegno per i mosti. I due aiuti, infatti, costituiscono assieme una sorta di valvola di compensazione tra i produttori del Nord e del Sud Europa Tiriamo allora le somme. E andiamo a vedere che cosa prevede la proposta di riforma Ocm (Organizzazione comune del mercato), lanciata da Bruxelles ufficialmente il 22 giugno 2006. Una rivoluzione che interessa oltre un milione e mezzo di aziende vitivinicole, una superficie vitata di 3,4 milioni di ettari (il 2% dell’intera superficie agricola europea), capace, nel 2004, di produrre vino per un totale del 5,4% della produzione agricola Ue (quota che supera il 10% in Francia, Italia, Austria, Portogallo, Lussemburgo e Slovenia).
Gli obiettivi della riforma. Il decalogo che il commissario europeo ha stilato è preciso. La nuova riforma Ocm si propone di raggiungere tre mete: 1) aumentare la competitività della produzione europea di vino, attraverso un rafforzamento della notorietà dei vini europei di qualità (vale a dire: più promozione); 2) ripristinare efficacemente l’equilibrio tra domanda e offerta; 3) istituire un regime per il settore in grado di salvaguardare le migliori tradizioni della produzione vitivinicola europea e di rafforzare il tessuto sociale di molte zone rurali, nel rispetto dell’ambiente.
I nodi al pettine. il primo è semplice: l’Unione europea avverte che in Europa il consumo di vino scende costantemente, malgrado l’aumento delle vendite di vini di qualità. Negli ultimi dieci anni le importazioni hanno fatto registrare, invece, un incremento annuo del 10%, a fronte di una crescita lenta dell’export. Se le tendenze attuali verranno confermate, avverte Bruxelles, “le eccedenze di produzione saliranno al 15% della produzione annua entro il 2010-2011”.
Il secondo nodo è, invece, di carattere distorsivo. Per Bruxelles, le misure di sostegno del mercato come la distillazione di crisi offrono uno sbocco permanente per le eccedenze invendibili. E la distillazione di crisi sta estendendosi perfino ai vini di qualità. Una minaccia per il settore, che più che all’assistenzialismo deve puntare a essere competitivo sui mercati.
Il terzo problema è invece costituito dalle norme che regolano le pratiche enologiche, che la commissione considera “farraginose e capaci di frenare la concorrenza”. Qui il tema è scottante: il via libera dato da Bruxelles all’utilizzo dei trucioli come pratica per l’invecchiamento, in sostituzione delle barrique, senza prevedere alcuna etichetta obbligatoria che informi il consumatore di vino sulle modalità di invecchiamento utilizzate, ha scatenato le proteste dei vignaioli che badano alla qualità per competere. E delle aziende che, per vincere la sfida del mercato, esaltano la qualità dei loro prodotti, investendo molto in barrique.
Infine, il quarto e ultimo nodo da sciogliere, che Bruxelles ha messo in agenda: per la Commissione le norme in fatto di etichettatura sono complesse e rigide, creano confusione nei consumatori e ostacolano la commercializzazione dei vini europei. Va dunque riformulato il tutto. Ma qui il problema non è di poco conto visto che potrebbe intaccare il sistema delle etichette Doc, Docg e igt.
La questione delle estirpazioni. Bruxelles ha annunciato a giugno la riattivazione del regime di estirpazione delle superfici vitate. L’idea che muove la commissaria Fischer Boel è scremare la produzione di vini verso l’ alto; ma il rischio che le stesse organizzazioni agricole italiane hanno sollevato è che simili incentivi, abbinati (come l’Ue ha annunciato) a un premio di livello tale da invogliare i produttori non competitivi ad abbandonare la viticoltura, rischia di favorire le estirpazioni anche in aree produttive vocate. Dove piccoli vignaioli troverebbero molto più appetibile incassare simili premi, rispetto alla prospettiva di continuare a produrre nettari di qualità, con redditività inferiore alle attese. Il premio che l’Ue intende varare verrebbe ridotto annualmente, così da incitare i produttori a richiederlo fin dal primo anno. L’obiettivo dichiarato nella prima bozza avanzata da Bruxelles è di espiantare 400mila ettari in cinque anni, a fronte di aiuti per un importo massimo complessivo di 2,4 miliardi di euro. L’estirpazione dovrebbe essere del tutto volontaria.
Ma il regime dei diritti di impianto sarebbe prorogato fino al 2013, data di scadenza definitiva. I produttori meno competitivi sarebbero incentivati a vendere i loro diritti, mentre quelli che restano dovrebbero diventare più competitivi nella misura in cui il costo dei diritti di impianto non sarebbe più tale da impedire l’espansione delle loro aziende. Mentre, le superfici estirpate beneficerebbero del pagamento unico per azienda, subordinatamente al rispetto di requisiti ambientali minimi. L’Italia è fermamente contraria a questa misura e sta tentando di costituire un asse dei paesi del Mediterraneo, per ridurre al minimo l’impatto di questa leva finanziaria sulla produzione nazionale.
Le altre riforme in cantiere. La nuova Ocm vitivinicola punta poi ad abolire le misure di regolazione del mercato come l’aiuto alla distillazione dei sottoprodotti, quello per il magazzinaggio privato e per l’uso del mosto. La distillazione di crisi sarebbe abolita o sostituita da una rete di sicurezza alternativa, finanziata a partire dalla dotazione di risorse nazionale. Parte dei fondi Ue rimasti in cassa sarebbe trasferita al bilancio dello sviluppo rurale per finanziare misure come i prepensionamenti (18 mila euro l’anno). Sul mercato, poi, l’Ue vorrebbe lasciare due tipi di vino: quelli a indicazione geografica e quelli senza indicazione geografica. E vorrebbe anche estendere l’indicazione del vitigno e dell’annata per i vini senza indicazione geografica. Il rischio è lo svilimento dei prodotti di qualità. Infine, come già detto, l’Ue vorrebbe vietare lo zuccheraggio per l’aumento del titolo alcolometrico del vino (scontrandosi con i paesi del Nord Europa). Insomma, la partita, apertissima, si gioca su più tavoli.

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