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Italia Oggi

Tanti spumanti, una sola immagine ... Ecco la strategia proposta da Gian Pietro Comolli, direttore del Forum in corso a Valdobbiadene. Comunicazione unificata all estero, ma i produttori nicchiano... Il progetto è di quelli che fanno tremare i polsi: dare allo spumante italiano un’unica immagine all’estero, pur nel rispetto delle singole peculiarità, dei territori, dei diversi metodi di vinificazione. Ma Gian Pietro Comolli, attuale direttore del Forum degli spumanti, aperto ieri a Valdobbiadene, non è tipo da tirarsi indietro. Perché il progetto per lo spumante italiano è al limite dell’utopia. In Italia esistono e si sono consolidate tante realtà spumantistiche, con le loro peculiarità, i loro metodi di vinificazione e ciascuno non è disposto a cedere un millimetro della propria unicità per trovare un minimo comune denominatore, che permetta all’intero comparto di fare massa critica all’estero.
Asti, Oltrepò Pavese, Franciacorta, Trentino, Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene e tante altre aree minori, ma non meno agguerrite, rivendicano la loro storia (talvolta assai breve) e la loro tipicità; ed è già un successo se un unico territorio riesce a comunicare all’esterno, in Italia e nel mondo la sua immagine univoca. Certo, rimane la posizione aventiniana dei produttori di Franciacorta, che al Forum non partecipano e che in ogni sede sottolineano la loro diversità dal resto del mondo degli spumanti. Perché, almeno finora, sono gli unici ad avere uno spumante metodo classico con la docg, perché hanno ottenuto che sulle loro etichette brilli solo il nome di Franciacorta (senza “spumante metodo classico”), che di per sé, affermano, è sinonimo di prodotto di alta qualità . Diversa è la posizione delle altre aree, che, almeno a parole, sono pronte a collaborare a un progetto comune d’immagine, per altro ancora tutto da costruire.
E i distinguo, sotto la cenere, covano, se già alcuni contestano, per esempio, che lo storico Forum abbia sede a Villa dei Cedri, a Valdobbiadene, nella casa di uno dei protagonisti del mercato, il Prosecco doc. Come dire: se dobbiamo costruire una casa comune, essa deve rappresentare gli interessi di tuffi e quindi deve sorgere in territorio neutrale. Quale? Forse Verona (Vinitaly) o Parma o Roma.
Chissà. Comolli sa che i risultati del suo lavoro si misureranno sul lungo periodo (lui auspica dieci anni per arrivare a risultati concreti) e mentre opera nel quotidiano sforzo di persuasione intreccia sempre più contatti con consorzi, enti e istituzioni del settore (l’ultimo è quello con Ismea) per avere un sempre maggiore supporto pubblico a questo progetto. Eppure i numeri dello spumante italiano sono rilevanti: poco meno di 300 milioni di bottiglie è la stima per il 2006 (i dati ufficiali saranno resi noti tra un mese) con 130 milioni venduti all’estero.
Il paradosso è che molti consorzi spumantistici si dicono d’accordo nel dialogare con tutti e su tutto; ma poi i distinguo fanno la differenza. C’è chi vuole una netta distinzione tra gli spumanti di qualità (docg e doc) e gli altri, c’è chi chiede chiarezza sull’obiettivo finale di un progetto unificante di immagine; c’è chi non vuole mischiare lavorazioni con metodo classico e con metodo charmat; c’è chi, infine, è pronto al dialogo, ma sottolinea la scarsa voglia o le divisioni di altri competitor, causa di un’ulteriore difficoltà di dialogo; c’è chi, infine, auspica un tavolo governativo, che faccia da cabina di regia per la realizzazione di questo progetto. Siamo insomma all’anno zero ed è francamente difficile ipotizzare quali sviluppi ci potranno essere in futuro. Per ora ciascuno va avanti per suo conto, forte dei risultati produttivi e di quelli dell’export. E finché le vendite crescono, tutto il resto conta meno. Finché dura.

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