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Italia Oggi

L’Inea: la filiera agricola produce meno a costi stabili ... Malgrado la leggera flessione del valore aggiunto ai prezzi di base, la filiera agricola italiana anche per il 2007 mantiene stabili gli indici di produttività. Merito dell’impiego preponderante della manodopera familiare e della contenuta dimensione delle superfici coltivate che consentono l’abbattimento dei costi di produzione e l’efficienza della gestione aziendale; ma anche della politica attuata in questi ultimi anni dal comparto agroindustriale, tesa a consolidare la presenza sui mercati esteri dei prodotti tradizionali del made in Italy. È questa l’immagine fornita dall’Inea nello studio economico “L’agricoltura italiana conta” sullo stato di salute del settore agricolo e alimentare italiano. Il report, pubblicato sul sito web dell’Istituto, tocca tutti i temi più importanti del settore primario corredandoli di indici e valori nazionali ed europei.
Indici agricoli. Come evidenziato in apertura, il settore non ha registrato nell’ultimo anno performance eccezionali né in termini di VA, sceso di 3,1 punti rispetto agli anni passati, né per la produttività, che presenta anch’essa una diminuzione quasi del 4%. Andando nel dettaglio, le produzioni più in crisi sono le colture erbacee (-4,9%), quelle cerealicole (-5,5%), la bieticoltura (-62,3%) e il comparto zootecnico (- 2,7%). Le ragioni sono da ricercare in vari fattori: nella contrazione dei prezzi agricoli, che hanno registrato una flessione pari all’11,4% per le carni avicole a causa dell’aviaria e all’1,6% per i prodotti degli ovicaprini colpiti dalla blue tongue; nell’aumento dei costi di produzione, con punte massime per l’energia elettrica (+14%), fitosanitari (9,3%) e concimi (3,5%); per il solo settore saccarifero, nei tagli delle quote conseguenti alla riforma dell’Ocm. Battuta d’arresto anche per il mercato fondiario, salvo i valori in controtendenza della Pianura Padana e dell’area toscana del Chianti.
Stabili, invece, gli investimenti, rappresentati come sempre quasi esclusivamente da macchine e attrezzature (oltre il 50%) ma con un accenno di crescita anche per i servizi (informazione e comunicazione).
Industria alimentare. Costituita quasi esclusivamente da pmi (solo il 3,7% delle aziende ha almeno 20 addetti), l’agroindustria italiana concentra nelle regioni del Centronord il 70% degli occupati e il 78% del valore aggiunto dell’intero comparto. Sotto il profilo produttivo, buoni risultati si segnalano per i prodotti da forno e il pane (+2,7%), per la trasformazione degli ortofrutticoli (+3%), per il lattiero-caseario (+3,2%) e per il vino (+3,4%). Favorevole anche la bilancia degli scambi commerciali, in sostanziale equilibrio fra le quote di import ed export.
Tutti europei, tranne gli Stati Uniti, i principali fornitori e acquirenti dei nostri prodotti: Francia, Germania, Austria, Regno Unito, Spagna e Olanda. Cinque sono i prodotti più competitivi del made in Italy: vini rossi e rosati Vqprd, pasta, olio d’oliva, conserve di pomodoro e biscotteria. Carni bovine e suine, bovini da allevamento, olio, crostacei e molluschi surgelati sono invece tra le principali voci d’importazione.

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