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Italia Oggi

Vino, serve accordo sulla riforma ... La filiera italiana deve fare fronte comune rispetto alla Ue... L’auspicio del ministro per le politiche agricole all’incontro con gli operatori del settore... Stretta finale nel settore vitivinicolo in vista della riforma del mercato comune del comparto, che potrebbe arrivare in porto già sotto la presidenza portoghese dell’Unione europea, negli ultimi vertici di dicembre. Un traguardo al quale le cantine italiane stanno lavorando da molto tempo (la proposta della Commissione europea risale al giugno 2006) e al quale il ministero per le politiche agricole vuole arrivare con una posizione comune della filiera italiana. In questa direzione il ministro Paolo De Castro ha convocato ieri a Roma la seconda giornata degli stati generali del vino, riprendendo il discorso aperto a luglio e sperando di chiuderlo i prossimi 22 o 23 novembre, quando convocherà a palazzo Chigi il tavolo agroalimentare che stilerà la sintesi delle richieste italiane alla bozza europea, su cui hanno fatto blocco i paesi del Nord Europa.
“Bisogna concentrarsi su pochi punti e dare un ordine alle priorità”, ha detto De Castro che vuole cioè evitare, come accaduto in passato, che parte della filiera faccia pressioni sull’Ue per non rinunciare in Italia alle proprie richieste. “Sul vino ci sono 27 posizioni diverse in Europa”, ha aggiunto il ministro, “bisogna arrivare a un documento di sintesi che sia l’occasione per non interrompere la straordinaria crescita del settore vitivinicolo italiano”. Il 27 novembre, subito dopo il tavolo agroalimentare italiano, si terrà un primo Consiglio dei ministri europei dell’agricoltura, mentre, secondo De Castro, l’accelerazione data dalla presidenza portoghese potrebbe portare a una riforma dell’ocm già prima della fine dell’anno. Vertici in cui l’Italia, nonostante la
sua fetta del 30% della produzione vinicola europea e 18% di quella mondiale, si sentirà più sola di quanto sia stata sulla riforma dell’ortofrutta, in cui riuscì a cucire un’alleanza
mediterranea che, in questo caso, sembra spaccata dalla posizione favorevole della Francia sullo zuccheraggio. Nonostante le differenze all’interno della filiera i produttori italiani, dalle cooperative alla grande industria, infatti, stanno facendo blocco contro lo zucchero nelle botti, sul rifiuto di indicare i vitigni nelle etichette del vino da tavola e sulle nuove denominazioni di origine. “Qualche risultato è stato raggiunto, ma il traguardo è ancora lontano”, ha detto Paolo Bruni a nome delle cooperative agroalimentari di Confcooperative, Legacoop, Agci Agrital e Unci che insieme rappresentano quasi il 60% della produzione nazionale. “Il divieto di zuccheraggio era quasi una precondizione, se viene a mancare bisogna compensare con altre misure”, ha aggiunto Bruni, che chiede di ampliare le misure contenute nelle envelope (ossia i programmi nazionali/regionali, ndr), attraverso strumenti di gestione delle crisi di mercato e sostegni alle imprese a partire da quelli per aggregazioni e accorpamenti.
“No a indicazione dei vitigni in etichetta e no alle liberalizzazioni”, sono invece le priorità presentate al ministro da Confagricoltura, che sostiene la richiesta di incrementare i fondi destinati alle envelope nazionali. “L’impressione”, ha detto il presidente Federico Vecchioni, “è che più va avanti la discussione in seno al Consiglio dei ministri agricoli dell’Ue, più si stia cedendo alle necessità dei paesi non produttori. Se non affrontiamo la situazione in maniera dura arriveremo a disgregare il nostro sistema produttivo”.
L’abolizione dei contingentamenti delle viti rischia così di moltiplicare la produzione delle doc europee con ripercussioni su prezzi e qualità, mentre le nuove denominazioni comunitarie (dop e ig) affiancate a quelle italiane (docg, doc e igt) potrebbero creare, a detta dei produttori, troppa confusione nei consumatori.
Il no allo zuccheraggio e la riduzione dei fondi destinati all’estirpazione sono invece due delle priorità indicate da Giuseppe Politi, presidente della Cia. “In caso di reintroduzione dell’arricchimento tramite saccarosio si dovrebbe chiedere un’adeguata contropartita finanziaria”, ha spiegato Politi, secondo il quale i fondi per l’estirpazione devono essere ulteriormente ridotti, trasferendone i risparmi alle envelope nazionali.

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