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Italia Oggi

Vino rosso sul Fiume giallo ... Export italiano di qualità su del 60% in nove mesi... Secondo l’ice, la Cina beve sempre più made in Italy. E predilige i vini rossi fermi... Ai cinesi il vino italiano piace soprattutto rosso, fermo e di buona qualità. Un dato quello emerso
dalla ricerca di mercato dell’Ice sull’impatto del made in Italy agroalimentare nel paese asiatico, particolarmente interessante perché segna una svolta nell’approccio economico- culturale con i prodotti d’importazione. Raffrontando i dati 2006 con i primi nove mesi del 2007, si rileva, infatti, che vi è stato un aumento medio delle esportazioni di vino italiano in Cina stimabile intorno al 60%, mentre guardando ai valori interni alle singole tipologie di prodotto, si osserva un picco del 137,4% per i vini fermi imbottigliati e un aumento del 104,6% per queflli mossi-frizzanti, sempre in bottiglia. In calo, invece, la domanda per il vino sfuso che segna un -73,5%.

Un aspetto quello della qualità che ha portato gli operatori del settore a cercare soluzioni e idee per sviluppare una cultura enologica. “In Cina i tempi sono maturi sia per il mercato, che si sta dimostrando vivace e interessato, sia per nuove e condivise strategie nazionali, che radichino la presenza italiana”, dice Camillo Cametti, consigliere d’amministrazione di Veronafiere, per conto del quale ha seguito Vinitaly cibus China, “per questo, la settimana scorsa, abbiamo avuto con Ice e Li Hua, vicepreside dell’unica università di enologia del paese, il College of enology della Northwest agriculture & forestry university di Yangling, un incontro per realizzare un gruppo di lavoro che traduca in maniera univoca i nomi delle nostre doc e docg, così da renderle comprensibili e riconoscibili per i consumatori cinesi”. Una tendenza questa che trova varie motivazioni. Nell’ultimo decennio, infatti, il miglioramento generale delle condizioni economiche della popolazione, grazie anche alla riduzione delle imposte, ha portato da un lato a incrementare la domanda, dall’altro a sostituire progressivamente, soprattutto nei centri urbani, i mercati locali con gli esercizi commerciali al dettaglio oi punti vendita della gdo. Questo ha favorito la conoscenza dei prodotti d’importazione e, conseguentemente, la diversificazione degli acquisti alimentari, favorendo così l’aumento del consumo di carni bianche, uova, latticini, pesce, olio d’oliva e bevande fra cui il vino. Per quest’ultimo, però, sono le attività recettive (hotel, ristoranti e ristorazione collettiva) più che i canali di distribuzione nazionali a svolgere il ruolo di protagonisti nella diffusione del prodotto. La ragione va cercata anche nel prezzo. Una bottiglia media di vino d’importazione parte da un prezzo minimo oscillante fra gli 8 e i 18 euro, a seconda della qualità, il quadruplo del costo del vino di produzione nazionale che non supera i 2-3 euro. Ne consegue che il profilo sociale del consumatore cinese di vino è quello di una persona con un reddito medio alto, un’età compresa fra i 30 e i 45 anni e un alto livello di scolarizzazione. Vive
in città e beve il vino, quasi esclusivamente al ristorante e nei bar, perché ritiene che il consumo di questa bevanda rappresenti il raggiungimento di uno status symbol.

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