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Italia Oggi

Viaggio tra i passiti d’Italia, vin da signori ... Gradevoli, profumati, di sapore dolce e notevole grado alcolico. Molte sono le caratteristiche dei vini passiti,prodotto di pregio dell’enologia italiana. Ma anche cari. Già da diversi anni sono stati riscoperti o rilanciati raggiungendo l’apice del sucesso con un ampio ventaglio di offerta sul mercato. Le doc e le docg sono 42 e spaziano dal notissimo passito di Pantelleria all’Erbaluce di Caluso (Torino), alla Malvasia delle Lipari, al Torcolato di Breganze (Vicenza), al Vin Santo Chianti classico, occhio di pernice o di Montepulciano. Ognuno con proprie peculiarità e ottenuti con l’appassimento delle uve con il sistema naturale o, in alternativa, quello artificiale. Con il primo i grappoli ancora sulla vite si sottopone l’uva a sovramaturazione per indurre una concentrazione maggiore di zucchero mentre con quello artificiale i grappoli vengono raccolti e messi ad appassire al sole, oppure sui graticci nelle regioni fredde (da qui nascono i cosiddetti “Ice wine”, i vini del ghiaccio di cui l’Italia ha una piccola ma rinomata produzione), per elevare la concentrazione zuccherina facendo evaporare l’acqua. Scorrendo l’elenco dei passiti è difficile arrivare in una qualsiasi regione del Nord, del Centro o del Sud e non trovare quelli locali. Ma come si bevono? Vista la tipologia si è tentati di credere che questi vini siano ideali da accompagnare ad un dessert o semplicemente per completare un pranzo con o in alternativa a un’acquavite o a un superalolico. In realtà, come spiega Paolo Luciani, esperto del settore e docente dell’Ais, Associazione italiana sommel1ier negli ultimi anni è stato superato il concetto secondo cui i vini passiti, come del resto i vini dolci, erano “vini da signore” non adatti a palati forti. Su’onda dei nuovi abbinamenti dolce-salato ideato anche, non nascondiamolo, per incentivare le vendite vengono ora proposti per accompagnare anche formaggi piuttosto forti che escludono “il vezzo di arricchire il gusto degli stessi con confetture, mostarde e mieli come capita spesso” come precisa Lauciani. La produzione dei passiti nel nostro paese limitata e quindi e collocata in una posizione di “nicchia” e a parere di alcuni esperti, resta ancora molto lavoro da fare come incentivare un’ampia riscoperta dei passiti minori come quello di Siracusa o di Noto per citarne alcuni. Dicevamo che sono vini cari e il consumo è spesso limitato agli intenditori o agli amanti del buon bere. Una piccola bottiglia da 3,75 cl. già può arrivare o superare i 15-20 euro e quindi il prezzo sale nei negozi specializzati o al ristorante Di questo segmento dell’enologia si è ancora parlato recentemente alla Mostra nazionale dei vini passiti a Volta Mantovana e, per esempio, secondo il giornalista specializzato Osvaldo Murri che ha curato una serie di degustazioni guidate “anche se l’Italia per la sua posizione geografica presenta le condizioni migliori per la produzione rispetto alla Francia e altri paesi di più antica tradizione di passiti, merita sempre mettere in rilievo che la qualità dipende dal sistema di vinificazione e i molti accorgimenti che occorre adoperare come, per citarne uno, un uso limitato dell’anidride solforosa che se presente in dosi superiori al normale può essere dfannosa alla salute. Anche se è utile per contrastare la rifermentazione e la formazione di microbi Di passiti si parla molto ma il consumo è limitato. E’ un prodotto caro”, spiega Danilo Lorusso, qualificato ristoratore dell’albese, “e a me pochi lo chiedono optando per un bicchierino di superalcolico o della tradizionale grappa. Oltretutto non viene servito a bicchiere”. E per questo motivo che ancora Paolo Lauciani ha lanciato la proposta di servirlo proprio al bicchiere per dare la possibilità al commensale di gustarlo senza dover comprare l’intera bottiglia o, magari, poterne assaggiare più di uno.

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