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Italia Oggi

Academy of Wine: gdo italiana fuori dai confini ... Spingere la gdo italiana (Coop ed Esselunga in particolare) a uscire dai confini nazionali per far crescere il consumo di vino italiano, puntare sul territorio e investire sulla marca. Sono questi tre i driver che caratterizzeranno il mercato del vino italiano coi prossimi anni e che sono stati al centro del dibattito durante la quarta conferenza internazionale dell’Academy of Wine Business Researeh che si è tenuta a Siena nei giorni scorsi e che ha visto 177 studiosi internazionali discutere su sviluppo e tendenze future del mercato mondiale del vino.
“In tema di consumi”, spiega Alberto Mattiacci, ordinario di Economia e gestione delle imprese presso la facoltà di Economia dell’ateneo senese, “si è assistito nei paesi produttori di vino ad una progressiva sostituzione del prodotto base con uno più ricco, di qualità, di immaginario. Il consumo del vino è quasi “intellettuale”. Per i paesi non produttori dove non c’è l’abitudine a bere vino, le leve devono essere quelle di creare cultura dal vino”.
Ed ecco che vengono fuori le difficoltà dell’Italia, un paese che “non ha struttura distributiva per imporsi, al contrario di Francia o Australia. Le nostre aziende sono molto capaci a produrre, ma manca chi è capace di vendere”.
Da qui la sfida lanciata alla Gdo. “In Italia mancano operatori moderni che siano in grado”, continua Mattiacci, “di andare oltre i confini nazionali. Occorrono politiche per aprire Coop e Esselunga ai paesi esteri dove i consumatori sono abituati a comprare tutto nei supermercati. Occorre un salto culturale per crescere, per far arrivare il nostro prodotto al consumatore straniero. Catene come Carrefour o Auchan non valorizzeranno certo le produzioni italiane”.
Cultura, capacità di penetrazione dei mercati stranieri ma il vino italiano è anche territorio dove nasce, è emozione legata all’immaginario che un bicchiere di vino evoca.
“Il territorio è un valore aggiunto molto forte”, conclude Mattiacci, “un vino toscano, a parità di prodotto e di qualità, vale sul mercato un euro in più di uno umbro. Senza arrivare alla mitizzazione del territorio, le aziende devono iniziare a investire in marca d’impresa. Perché vino non è soltanto il prodotto finale, quello che ci piace odorare nei bicchieri, ma è tutta quanta la filiera, dal turismo alla ristorazione, alla coltivazione della vite. Un esempio è la storia di Montalcino dove il vino in pochi anni ha portato ricchezza, là dove c’era povertà, a tutto il territorio”.

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