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Italia Oggi

Agroalimentare, un falso da 50 mld ... All’estero è “taroccato” un piatto made in Italy su tre... Il fatturato dei falsi prodotti made in Italy supera i 50 miliardi di euro,
quasi tre volte il valore delle esportazioni originali.
Mentre chi ha scelto di trascorrere le vacanze all’estero e non riesce a rinunciare ai piatti tipici della tradizione italiana rischia in un caso su tre di trovarsi di fronte un piatto taroccato, molto diverso da quello immaginato.
E la denuncia di Coldiretti, che sottolinea come la “pirateria agroalimentare” nel mondo utilizzi impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano al nostro paese per alimenti che non hanno nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale. I paesi dove sono più diffuse le imitazioni sono Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti dove, dichiara l’organizzazione agricola, appena il 2% dei consumi di formaggio di tipo italiano sono soddisfatti con le importazioni di prodotti made in Italy, mentre per il resto si tratta di imitazioni e falsificazioni ottenute sul suolo americano con latte statunitense in Wisconsin, New York o California.
Ma a preoccupare sono anche le tendenze di paesi emergenti come la Cina, dove il falso made in Italy è arrivato prima di quello originale e rischia di comprometterne
la crescita. Se in alcuni casi l’inganno è particolarmente evidente, con l’offerta nei menu di “specialità italiane” come gli spaghetti alla bolognese completamente sconosciuti nella città emiliana o le fettuccine Alfredo che niente hanno a che fare con quelle del noto ristorante romano, in altri è più difficile da scovare perché riguarda gli ingredienti di piatti dal richiamo familiare.
Le imitazioni del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano sono con il Parmesan la punta dell’iceberg diffuso in tutto il mondo, ma c’è anche, sottolinea Coldiretti, il
Romano prodotto nell’Illinois con latte
di mucca anziché di pecora, il Parma venduto in Spagna senza alcun rispetto delle regole del disciplinare del Parmigiano reggiano o la Fontina danese e svedese molto diverse da quella della Valle d’Aosta, l’Asiago e il Gorgonzola statunitensi o il Cambozola tedesco, imitazione grossolana del formaggio con la goccia. La lista è lunga, precisa Coldiretti, anche per i salumi, con la presenza sulle tavole del mercato globale di pancetta, coppa, prosciutto Busseto made in California,
ma anche di falsi salami Toscano, Milano e addirittura di soppressata calabrese tutelata dall’Unione europea come prodotto a denominazione di origine.
Non mancano casi di imitazione tra i prodotti simbolo della dieta mediterranea come
il Pompeian olive oil che non ha nulla a che fare con i famosi scavi, ma è prodotto nel Maryland, o quello Romulo dalla Spagna con la raffigurazione in etichetta di una lupa che allatta Romolo e Remo.
“Spaghetti napoletana”, “pasta milanesa”, “tagliatelle e capellini milaneza” prodotti in Portogallo, linguine Ronzoni, risotto tuscan e polenta dagli Usa e penne e fusilli tricolore Di Peppino prodotti in Austria sono alcuni esempi di primi piatti taroccati, mentre tra i condimenti risaltano i San Marzano: pomodori pelati “grown domestically in the Usa” o i pomodorini di collina cinesi e la salsa Bolognese dall’Australia.
Non sfugge al tarocco anche il vino simbolo del made in Italy come il Chianti “donato” nella Napa Valley in California, mentre da ricordare è anche l’Amaretto Venezia prodotto in Germania
in una bottiglia la cui forma imita quella dell’Amaretto di Saronno, il caffè Trieste italian roast, espresso prodotto in California con confezione tricolore, come i biscotti Stella d’oro prodotti nello stato di New York (Usa).
Per difendersi dai tarocchi il consiglio della Coldiretti è di verificare le etichette nelle confezioni quando è possibile, di dare un’occhiata ai menù per controllare evidenti anomalie che dimostrano la mancata conoscenza della cucina made in Italy e soprattutto chiedere al ristoratore prima di ordinare per sincerarsi che il piatto che arriverà non deluderà troppo le attese.
Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che, conclude Coldiretti, causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale, cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi, ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo, dove occorre estendere a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari.

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