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Italia Oggi

De Castro: in Europa si tratta, non si sbatte il pugno sul tavolo ... “Gli scandali alimentari? Sono in gran parte giornalistici e on l’Europa non bisogna mostrare i muscoli, ma sedersi al tavolo del negoziato. E trattare...”. Paolo De Castro, ex ministro delle politiche agricole e oggi senatore (Pd) in commissione agricoltura a palazzo Madama, rilegge l’attuale congiuntura agricola, e ne ha per tutti: stampa, politica, mondo produttivo...
Domanda. L’Italia è scossa da scandali alimentari. Vino, formaggi ecc. Che cosa ne pensa?
Risposta. Io direi da scandali giornalistici. Le nostre forze dell’ordine hanno individuato malfattori e sofisticatori. Si tratta di furboni le cui azioni, però, non danneggiano la salute. Per esempio, la copertina de l’Espresso-Velenitaly si è rivelata dannosissima per il nostro sistema agroalimentare. Si trattava di sofisticazioni certo, ma non dannose per la salute. E il fatto che i vini contenessero acidi fuorilegge.., una fandonia!
D. Ma l’opinione pubblica è in allerta.
R. E’ positivo, l’attenzione del consumatore di alta qualità è in crescita. E io mi auguro che l’Efsa e la futura autorità nazionale facciano bene il loro mestiere. In relazione a quest’ultima, però, devo dire che nonostante sia stata già finanziata, non è stata ancora istituita. Anzi. Per un periodo qualcuno si è avvitato in una strana discussione, per cui se l’Agenzia nazionale sulla sicurezza alimentare venisse realizzata a Foggia sarebbe un carrozzone... se invece trovasse sede a Verona... sarebbe produttiva. In ogni caso, gli ultimi dati rivelano che, nel 2007, le esportazioni italiane di agroalimentare sono cresciute. E devo dire che il ministro Zaia sta proseguendo questa politica, l’unica possibile per far crescere il sistema italiano. I consumi interni, ormai, sono strutturalmente fermi...
D. Non sarà sempre colpa dei giornalisti se le truffe spaventano il consumatore...
R. Se in Italia gli imbrogli vengono fuori, vuol dire che l’attività di controllo funziona. Ma il problema è un altro: c’è troppa enfatizzazione. In Francia e Uk le truffe sull’alimentare non sconvolgono i consumi. In Italia sì, perché la stampa enfatizza troppo il problema. L’influenza aviaria, per esempio, l’abbiamo avuta solo noi!
D. Ha una ricetta?
R. Avere un approccio moderato, supportato dai dati. Non atteggiamenti scandalistici.
D. E ai produttori non dice niente?
R. Che devono lavorare per rendere più forte l’impresa. Mentre oggi aumentano gli scontri tra organizzazioni. Per esempio, si parla tanto di consorzi agrari, ma si dimentica che il vero problema sono i servizi che si erogano alle imprese agricole
D. E la politica? Nulla da eccepire?
R. La politica non deve innamorarsi di slogan. Questa storia, rilanciata da Zaia, per un’etichettatura generalizzata dell’origine dci prodotti, è una battaglia di bandiera. Non porterà risultati, perché di origine se ne occupa solo Bruxelles. Ricordo un’altra iniziativa in tal senso, la legge 204/2004. Puntava allo stesso risultato. Fallì, bocciata dalla Commissione Ue. Ma ora, dopo la battaglia vinta sull’etichettatura d’origine dell’olio d’oliva, il rischio è che una nuova iniziativa generalista minacci i risultati faticosamente ottenuti.
D. Beh, almeno la dieta mediterranea è un successone...
R. La Commissione agricoltura del Parlamento europeo, in settimana, ha deciso di sostenere una mozione per la difesa della dieta mediterranea sotto il cappello Unesco. I1 presidente della commissione agricoltura, Neil Parish, ha accolto la proposta avanzata dall’eurodeputato Enzo Lavaira e dalla spagnola Rosa Miguelez, fatta propria anche dai colleghi del Nordeuropa. Ciò significa che il Parlamento europeo darà una sponda straordinaria all’iniziativa... Un buon segnale dall’Europa, mentre in Italia c’è chi ha proposto la tutela Unesco anche per la dieta padana!
D. Zaia però sta conducendo una battaglia di rottura per aumentare le quote latte assegnate all’Italia, ancor prima del 2015. Condivide?
R. Intanto penso che bisogna tener conto degli effetti di un aumento delle quote sul mercato. L’aumento del 2% che io portai a casa da ministro mi fu rinfacciato in Italia come troppo elevato. Giudico bene l’aumento che Bruxelles ci darà dal 2010, pari all’1% l’anno, fino al 2015. Ma pensare di raddoppiarlo non è utile. Molto più utile sarebbe arrivare a un meccanismo di compensazione tra stati per ridurre il più possibile le multe.
D. In generale, però, l’Europa sembra sorda alle istanze italiane.
R. Noi abbiamo ottenuto un sacco di cose dall’Europa. Da Agenda 2000 in avanti. Il problema è negoziare bene. Ricordo che, mentre Zaia chiede l’aumento delle quote del 10%, Francia e Germania vanno in Corte di giustizia per chiedere l’annullamento del 2% di aumento, già concesso da Bruxelles quando ero ministro. I muscoli vanno dosati, tenendo presente che l’Europa è a 27. I pugni sul tavolo non servono. Serve il lavoro diplomatico, ancor prima della presenza forte ai consigli Ue.
D. Eppure, c’è un altro dossier, quello sul vino. L’Europa vorrebbe dar via libera alla dealcolizzazione e riformare le denominazioni...
R. L’Europa è un coacervo, con tanti funzionari che parlano... Non vedo grandi pericoli, ma bisogna sempre lavorare per difendere le nostre specificità. Ma perché l’Italia si preoccupa di queste cose e la Francia no? A volte, si enfatizza troppo...
D. Ma, allora, l’Italia come fa a difendere i suoi asset strategici in un’Europa a 27?
R. Con la presenza. Zaia disse: “Non manderò da soli i miei funzionari a Bruxelles”. Ne fui felice, ma mi accorgo che non sempre è così. Per esempio, all’ultimo consiglio informale convocato da Bamier (il ministro dell’agricoltura francese, ndr), Zaia non è andato. E invece bisogna andare, spiegare i propri concetti nelle bilaterali, nelle trilaterali. In questi incontri, in questi club, si creano le alleanze. Si arriva alle decisioni.

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