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Italia Oggi

Dal Primitivo all’Aleatico un rosso lungo una regione ... Rosso violaceo. In una terra persa tra il bianco dei trulli e l’azzurro del mare, il rosso dei vini pugliesi è in grado di conquistare i palati più raffinati. Parliamo di Primitivo di Manduria, Aleatico e Cacc’e mmitte di Lucera, tre Doc di carattere che non mancano di conquistare chi si avvicina anche solo per curiosità.
Primitivo di Manduria. Il suo nome è già un manifesto. Colore vellutato, profumo intenso per un rosso di alta classe. Forte, robusto e con una leggenda alle spalle: sembra che questo vino sarebbe nato grazie a un’intuizione di don Francesco Filippo Indelicati, primicerio (ossia incaricato di portare il cero nelle processioni) della chiesa di Gioia del Colle (Ba). Pare che don Francesco si fosse accorto, come racconta (manduria.net), di un particolare vitigno capace di giungere presto a maturazione e che si poteva vendemmiare alla fine di agosto. Da quell’intuizione ne è scorso di vino sotto i ponti: e piano piano il vitigno ha preso piede nella Murgia Barese e poi nel Salente, in particolare nelle zone vicine a Manduria, diventando così un vero e proprio classico. Doc dal 1974, si può acquistare ad un prezzo tra i 10 e 15 euro a bottiglia.
Aleatico. Forse il vitigno è arrivato grazie ai coloni greci nel VII secolo a. C. e il suo nome potrebbe risalire a “Iouliatico”, il nostro mese di luglio. Certo è che questo Doc ha saputo ritagliarsi uno spazio tutto per sé, differenziandosi in due varietà: “Dolce naturale” e “Liquoroso dolce naturale”. Qui ci troviamo davanti a un vino da dessert ottimo con i dolci “secchi”, come quelli a base di pasta di mandorle. Con un volume pari al 15%, nella versione liquorosa può arrivare fino a 18,5%. E con un invecchiamento di almeno tre anni meritare l’etichetta dì “Riserva”. Insomma, un ottimo compagno per la fine di un bel pranzo in famiglia o con gli amici, oppure per un sigaro o un buon libro da leggere.
Cacc e’ mmitte. Questo vino prende il nome da una tradizione tipicamente meridionale. Nasce infatti dall’uso di affittare i palmenti per la spremitura delle uve: l’affittuario doveva, al termine della giornate, “cacciare” (cioè togliere) il mosto e portarlo via, dando così spazio a un nuovo cliente che “mitteva” (cioè metteva) il nuovo carico d’uva da spremere. Da questa usanza nasce un vino, Doc dal 1975, che offre un colore rosso rubino e un sapore pieno e intenso con un volume pari all’11,5%. Prodotto nel Foggiano con l’uva di Troia (in percentuali variabili dal 35 al 60%), viene spillato dopo due anni di maturazione in botti di rovere e accompagna con forza salumi e pastasciutte pugliesi.

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