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Italia Oggi

Calò: la forza dell’origine ... “I vitigni internazionali sono stati importanti per costruire buoni vini, ma la vera forza dell’Italia sono i suoi 300 vitigni autoctoni. E se l’Italia vuole trovare una propria originalità deve valorizzare proprio questo suo grande patrimonio”. A riportare l’attenzione sull’importanza dei vitigni autoctoni è stato Antonio Calò , presidente dell’Accademia italiana della Vite e del Vino, durante la presentazione, avvenuta presso l’Accademia dei Georgofili di Firenze, del volume “Istoria delle viti che si coltivano in Toscana” del botanico fiorentino settecentesco Piero Antonio Micheli. Curato da Roberto Scalacci e Daniele Vergari che si sono occupati della trascrizione originale dell’opera, il manoscritto, finora inedito, è stato pubblicato per gli 80 anni del Consozio Vino Chianti.

“I vitigni autoctoni sono la nostra ricchezza”, ha evidenziato Calò. “I vitigni internazionali hanno rappresentato una tappa storica importante nello sviluppo dei nostri vini, ma quando parli di Cabernet Sauvignon ti confronti con la produzione di mezzo mondo”.

L’Italia deve far valere la forza della propria originalità. “Abbiamo vitigni che non hanno niente da invidiare agli altri. Abbiamo fior di vitigni che sono importanti e che possono rappresentarci, ci dobbiamo dare da fare per la loro valorizzazione. Il Fiano è un vitigno bianco straordinario, altro che Chardonnay, è addirittura migliore. Meglio sarebbe stato riempire le nostre vigne di Fiano. Altrettanto ottimi sono il Verdicchio, il Vermentino. Oppure il Refosco di Montepulciano anche noi abbiamo vitigni importanti e straordinari. Barbera, Sangiovese, Nebbiolo, Greco di Tufo, Ribolla, Prosecco, Garganega, una piattaforma di 300 vitigni italici di alta qualità”.

Antonio Calò parla di vitigni Italia, di quelli cioè che nel corso dei secoli e grazie a studi scientifici, sono risultati i migliori in Italia. “Esistono anche autoctoni minori, importanti da un punto di vista di studio ampelografico, di recupero della storia e della cultura, ma che fanno schifo per fare il vino.

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