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Italia Oggi

Alla conquista del mondo ... Il mio sogno è portare la grappa e il prosecco in ogni angolo del globo... Ho un sogno: far diventare la grappa il distillato più conosciuto del mondo e il Prosecco lo spumante più bevuto e cercato in ogni angolo del globo”. Sandro Bottega di grappe, vini e spumanti sa ogni cosa. Sin da quando aveva 13 anni volle seguire il padre nella piccola distilleria di famiglia. “Alla mattina tenevo la contabilità”, afferma sorridendo, “nel pomeriggio bevevo grappa”. Nato e cresciuto in mezzo al distillato non ebbe alcun timore, alla morte del padre, a prendere in mano le redini di quel piccolo impero fatto di bollicine. Con la morte nel cuore, a soli 19 anni, riuscì a stare accanto alla mamma, scomparsa un paio di mesi orsono dopo una lunga battaglia contro un male incurabile, ai due fratelli più piccoli, Stefano e Barbara e a insegnar loro il mestiere. Oggi sembrano i tre moschettieri: “tutti per uno, uno per tutti”. “Ricordo che non ero molto dotato nella parte commerciale”, dice Sandro Bottega, “ma feci ben presto di necessità virtù”.

Nell’87, dopo quasi cinque anni di duro lavoro, ebbe l’idea vincente. Creò, con l’aiuto dei maestri vetrai di Murano, le bottiglie con all’interno, sempre in vetro soffiato, varie simbologie, la prima delle quali fu un grappolo. Vennero altre simbologie, quella della pace, dello scoiattolo, in onore degli abitanti di Cortina, il ponte di Mostar, il cuore, più di cento soggetti
che sono stati e sono la felicità dei collezionisti. Bottiglie speciali da regalo che ebbero un successo strepitoso e diedero notorietà al marchio di grappa Alexander. “Da allora”, confida l’imprenditore Veneto, “ produco vino, spumanti, Prosecco, anche olio, caffè e aceto biologici e con Stefania Sandrelli riusciamo a creare un ottimo Chianti”. Instancabile, lavora 14-15 ore al giorno a un ritmo frenetico. Nel suo ufficio ha quattro telefoni. Spesso li usa contemporaneamente. “Carico le pile di notte”, aggiunge, “dormo sette ore. Mi bastano per darmi vigore”. Dice che ogni anno visita 35-40 paesi, dal Giappone agli Stati Uniti, dall’Inghilterra al Vietnam. Sa quattro lingue quasi alla perfezione. In azienda lo considerano un amico, per la famiglia è un punto di riferimento. Cerca di fare più che può per gli altri, convinto che ogni impresa dovrebbe operare il più possibile nel sociale. È sempre vicino a una casa di riposo per anziani emigranti di Toronto e oggi cerca di dare più che può alla ricerca per il cancro al seno, il male che gli ha portato via la mamma.

Da giovane ha creato una band dove lui cantava e suonava la chitarra. L’ultimo concerto, a Napoli, lo ricorda con commozione. “Avessi più tempo libero”, confida, “lo dedicherei proprio alla musica oppure per sciare e giocare a tennis. Frequenterei anche quel mondo culturale, dell’impresa, del design che in gioventù mi ha permesso di conoscere tanta gente importante”.

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