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Italia Oggi

Con tutte quelle bollicine ... Nata come un gioco, ben presto si è trasformata in passione. La produzione enoica è capace di inebriare chi ne viene a contatto, non certo per l’effetto alcolico, ma per l’innamoramento che suscitano la vite, l’uva e la terra. Quello tra il vignaiolo e il nettare rosso è un rapporto complesso che cresce piano piano e si sviluppa giorno per giorno attraverso la costante ricerca della sfumatura, del dettaglio e del particolare maniacale per tendere a una perfezione ideale. È andata così per Ezio Maiolini, che nel 1981 assieme ai suoi fratelli ha fondato a Ome, in provincia di Brescia, la Cantina Majolini, dove torna a farsi vedere la lettera J che fino all’800 era presente nel cognome della famiglia.

In questa culla di terra che si distende come una falce di luna lungo la riva meridionale del lago di Iseo, nascono le bollicine del Franciacorta. L’imprenditore da sempre si occupa della sua attività industriale, la Molemab che produce utensili abrasivi. Poi è scattato qualcosa. “Il vino è stata una passione di mio padre”, racconta Maiolini, “è stato lui a fare le prime potature e le vendemmie. Poi, trent’anni fa, con i miei fratelli decidemmo di continuare il suo sogno, quindi abbiamo fatto sistemare la vecchia cantina di famiglia e abbiamo acquistato un primo appezzamento vitato. Producevamo poche bottiglie, 40 mila all’anno, ma la cura della cantina mi dava soddisfazione. Così abbiamo fatto un passo per volta, negli anni abbiamo aumentato gli ettari, assunto l’agronomo, migliorato e ampliato la cantina, in seguito è venuto a lavorare da noi Jean Pierre Valade, enologo francese della Champagne. L’attività è cresciuta grazie agli investimenti, ma soprattutto grazie alla passione che ha coinvolto tutti. È entrato a lavorare nella Cantina anche mio nipote Simone che si occupa della parte commerciale e delle vendite”. Sono 180 mila le bottiglie con l’etichetta Majolini che vengono distribuite nel canale dei ristoranti, wine bar, enoteche e privati.

Il Franciacorta viene prodotto da una miscela di uve Chardonnay, Pinot nero e Pinot bianco e si ottiene dalla maturazione ed elaborazione per almeno 25 mesi dalla vendemmia, di cui almeno 18 mesi di lenta rifermentazione in bottiglia a contatto con i lieviti. Per il Millesimato i mesi diventano 37 di cui 30 sui lieviti. “Da noi si producono diverse tipologie di Franciacorta tra cui Brut, Satèn, Millesimato, Non dosato e Rosé”, spiega Maiolini che aggiunge: “Nel comune franciacortino è tornata la Majolina, un’uva da cui la nostra famiglia ha preso il cognome e che ha ricevuto il riconoscimento ufficiale di uva autoctona”.

Il segreto di questo vino è il territorio che crea il prodotto italiano più esclusivo e premiato, frutto di una severa selezione produttiva e distributiva. Per tutelare il vino c’è il Consorzio del Franciacorta di cui Maiolini è presidente al secondo e ultimo mandato. “Il consorzio raccoglie il 90% dei produttori e detta le regole da rispettare per tutelare la qualità. Per esempio la raccolta va fatta esclusivamente a mano e per ogni ettaro ci devono essere almeno 4.500 piante”. Numerose sono le attività del Consorzio per promuovere il vino con le bollicine. Dalle attività di product placement, ovvero la pubblicità nei film cinematografici come Solo un padre del regista Luca Lutini, all’accordo con Starwoods, gruppo che raccoglie catene alberghiere come Sheraton e St Regis, che ha programmato il videodocumentario della produzione del Franciacorta su tutte le tv dei suoi hotel. E ancora il Festival del Franciacorta, una tre giorni di degustazioni e assaggi a Villa Lechi a Erbusco (Bs), e in attesa della kermesse annuale ci sono gli appuntamenti itineranti mensili in Italia e all’estero: da Bologna a Zurigo fino ad Amburgo. “Nonostante la crisi i dati relativi alla commercializzazione ci confortano confermando un trend di forte ascesa: sono state oltre 9,6 milioni le bottiglie commercializzate nel 2008, il 16% in più rispetto al 2007, che a sua volta aveva registrato un forte incremento dall’anno precedente”.

Nel tempo libero Maiolini ha avuto una passione sportiva che oggi non pratica più. “Facevo la caccia alla volpe, ma non quella vera, era una caccia simulata. È uno sport in cui una guida, con una finta coda di volpe attaccata alla sella, fa da apripista e gli altri devono seguire il suo percorso e raggiungerlo. Vince chi arriva primo al cavaliere in fuga, in realtà si tratta di una prova di abilità e destrezza di equitazione che si svolge attraverso i boschi. È molto bello perché permette di stare a contatto con la natura”. Oggi Maiolini non cavalca più e si concede ogni tanto un’uscita a caccia con il suo bracco tedesco: “Quando vado è per godermi la natura e per fare una passeggiata nei boschi, molto spesso torno a casa con lo stesso numero di cartucce con cui sono partito”.

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