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Italia Oggi

L’Europa blinda le denominazioni ... La Giustizia Ue si attiva nel paese in cui si verifica la violazione... Sì della Commissione europea alla protezione ex officio delle indicazioni geografiche e fino alla tavola del consumatore. Un risultato sperate e ricercato da molte associazioni di prodotto e consorzi di tutela che, anche se contenute in una nota della Commissione Ue, interpretativa del disposto normativo, non è vincolante per la Corte di giustizia europea, chiamata, invece, a decidere su controversie in materia. I controlli e le sanzioni devono garantire il consumatore sulla qualità ed effettività degli ingredienti del prodotto, sulla veridicità delle informazioni in etichetta, sulla correttezza dei messaggi pubblicitari. In ogni stadio e grado della sua commercializzazione. Dall’ingrosso al piccolo dettagliante. “Noi siamo estremamente soddisfatti per questa interpretazione”, dice Stefano Fanti, direttore del consorzio prosciutto di Parma. “Abbiamo lavorato a lungo e fatto pressione affinché il principio della protezione ex officio per le indicazioni geografiche fosse riconosciuto dall’Unione europea. Dopo la sentenza Parmesan avevamo dichiarato che si trattava di una vittoria a metà. Infatti, sebbene la Corte di giustizia Ue avesse chiarito che solo i formaggi recanti la denominazione d’origine protetta (Dop) possono essere venduti con la denominazione “Parmesan”, ha anche stabilito che uno stato membro non è tenuto ad adottare d’ufficio i provvedimenti necessari per sanzionare, nel suo territorio, le violazioni delle Dop provenienti da un altro stato membro. La Commissione europea ha ora chiarito che vale il principio della protezione cx officio per le indicazioni geografiche. Senza questo principio”, conclude Fanti, “gli organi di controllo cui incombe l’obbligo di assicurare il rispetto delle Dop sono quelli dello stato membro da cui proviene la Dop, non quelli dove avviene l’infrazione”. “Per il nostro comparto i controlli sul vino arrivano per legge sino all’imbottigliamento e al confezionamento del prodotto, comprendendo dunque anche l’etichettatura”’, spiega Ezio Pelissetti, direttore generale di Valore Italia, società di controllo sulle denominazioni compartecipate da Federdoc, Csqa e Uiv, “quello che preoccupa sono le frodi commerciali che seguono l’uscita dallo stabilimento del prodotto, Per questo noi effettuiamo già con i nostri agenti vigilatori 3-4 controlli all’anno a campione sugli scaffali della distribuzione. E un ottimo deterrente per i produttori e costa meno di quanto si pensi”. “Un dato per tutti. Nel 2008 le frodi dei prodotti agroalimentari sono aumentate del 32% per un valore di 159 milioni di euro. Non si può giocare con la salute dei consumatori e mettere a rischio il lavoro e la stabilità delle nostre aziende. Non possiamo perciò che essere d’accordo su quanto scaturirà da questa posizione della commissione”, dice Massimo Gargano, presidente di Unaprol. “Noi controlliamo personalmente con il nostro consorzio solo fino all’imbottigliamento del nostro olio, i controlli nella fase di commercializzazione li affidiamo a terzi”. “La nota della Commissione non può che trovarci pienamente d’accordo”, sottolinea Stefano Franziero, direttore di Unaproa. “Spesso abbiamo assistito a casi di rigida applicazione dei controlli e delle relative sanzioni senza un’appropriata interpretazione della normativa di riferimento. È altresì vero che i controlli debbono essere eseguiti e in certi casi intensificati, secondo criteri di programmazione ispirati a una logica più razionale ed economica. Quello che va osservato”, conclude Franziero, “è che la Commissione, invitando gli stati comunitari a eseguire controlli responsabili e dettati dal buon senso, fa supporre che ciò derivi dalla constatazione di anomalie che avvengono con una preoccupante frequenza nell’esecuzione dei controlli”.

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