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Italia Oggi

Dimagrire la qualità ... Vecchioni: denominazioni farraginose... Rivedere il sistema che sovrintende alla qualità dell’agroalimentare made Italy. E’ la proposta che arriva da Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, “I meccanismi di certificazione, le denominazioni, gravano sull’agricoltura. Quello che occorre è semplificazione amministrativa, accesso a strumenti normativi validi, innovazione, informazione e soprattutto un’adeguata progettualità. Una semplificazione è necessaria e potrebbe, innanzitutto, essere fatta omologando le procedure, migliorando contestualmente anche la comunicazione fra i sistemi operativi”. Il presidente di Confagri è intervenuto a durante il convegno “Bettino Ricasoli: il suo disegno e la sua attività nella congiuntura degli anni 2000”, che si è svolto al Castello di Brolio a Gaiole in Chianti (Si), Qui Vecchioni ha anche lanciato un’altra proposta. Quella di un marchio unico per il made in Italy. “Dobbiamo difendere il prodotto italiano dalla contraffazione”, dice Vecchioni. “Spesso all’estero non viene percepita la differenza tra le nostre denominazioni. Anche per gli stranieri che vivono in Italia
Doc, Dop, Igt hanno una difficile riconoscibilità. Per questo l’Italia può dare vita ad un marchio collettivo made in Italy, un etichetta che caratterizzi la provenienza italiana del prodotto”. Questo perché, secondo il presidente di Confagricoltura “le denominazioni sono certamente valide per la nostra struttura produttiva e il loro valore per il settore è fondamentale e non solo dal punto di vista economico. Ma il sistema va rivisitato e perfezionato. E i disciplinari non possono essere considerati dogmi modificabili” Sono un ottimo strumento di controllo della produzione e di garanzia per i consumatori, ma non possono diventare una camicia di forza per gli imprenditori”.
L’intervento di Vecchioni ha sottolineato il dibattito sulla necessità di disciplinari più liberi per produrre vini il cui valore aggiunto e la caratterizzazione sia il territorio dove nascono, il terroir e non il vitigno, che si era acceso al convegno che ha visto, tra gli altri, la presenza di Zeffiro Ciuffoletti a presentare il carteggio tra Bettino Ricasoli e il medico Cesare Studiati, “Alla ricerca del vino perfetto, il Chianti del Barone di Brolio”. Già alla fine dell’Ottocento, il “barone di Ferro” sosteneva che i concorsi enologici non servono a niente se devono premiare invece di criticare fattivamente gli eventuali difetti dei vini, la scienza nel vino è importante collegata alla continua ricerca e al mettersi sempre in discussione.
Sul fatto che i disciplinari debbano essere rivisti, il presidente del Consorzio Chianti Classico, Marco Pallanti pensa “c’è poco ‘individuo’ nei disciplinari odierni troppo spesso” afflitti da lacci e laccioli burocratici. In sostanza, se da una parte il messaggio di Ricasoli insiste sul rispetto dell’unicità del vino del Chianti ottenibile attraverso la certificazione del luogo di Origine, allo stesso tempo valorizza l’unicità del produttore nella ricerca di un gusto che deve necessariamente essere esclusivo. Il nostro compito è cercare di migliorare sempre il nostro vino, rendendolo più competitivo, ma sempre nel più assoluto rispetto della tradizione”.

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