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Italia Oggi

Il Chianti che verrà ... Nuovo uvaggio. E spunta il Superiore... Il Chianti si rinnova nella tradizione. Dopo quattro anni di sperimentazione sul campo per capire quale potesse essere il tipo di vino che meglio assecondava il gusto dei consumatori, il Consorzio Vino Chianti vara il nuovo disciplinare. Già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il regolamento di produzione presenta sostanzialmente due novità importanti. La prima riguarda la base ampelografica. “Si sono riunite le varie tipologie di vitigni consentiti nell’uvaggio del Chianti e abbiamo portato il Sangiovese, base e struttura insostituibile, al 70% mimmo”, spiega il presidente del Consorzio, Nunzio Capurso. Inoltre “i complementari possono essere al massimo al 30% con la limitazione al 10% per i vitigni a bacca bianca e al 15% per i Cabernet”. Si tratta di una scelta “moderna, ma che tiene conto della tradizione e della tipicità, visto anche il limite imposto ai Cabernet, e che consente maggior equilibrio e costanza di qualità nella produzione”, aggiunge il direttore del Consorzio, Paolo Lazzeri. La seconda novità prevede l’introduzione dell’appellativo “Superiore”. “Il termine è più moderno e poi abbiamo visto che cresceva di interesse sui mercati. Non sempre Riserva è visto di buon occhio, vuoi dire vecchio. Il termine Superiore significa che è meglio di un altro e deriva da una scelta del produttore se farlo o meno”. Tra gli altri cambiamenti previsti dal regolamento di produzione, c’è l’introduzione dell’irrigazione di soccorso e la libertà lasciata al produttore di scegliere se affinare un vino in bottiglia. “Deve essere l’azienda a decidere se farlo o meno, non un obbligo visti soprattutto i costi che tale scelta comporta”. Per arrivare al nuovo disciplinare, il Consorzio ha vinificato 60 tipi vini con diverse percentuali di uvaggi e poi mandati in assaggio alle commissioni della Camera di Commercio e a un panel di esperti che hanno sottolineato il miglioramento qualitativo del prodotto finale.
“Il giudizio adesso passa al consumatore. Il Chianti si è rinnovato, ma rimane il vino conosciuto in tutto il mondo. Un vino reso più competitivo sui mercati rispetto a concorrenti come Australia o Argentina, da bersi tutti i giorni e nelle occasioni speciali”.
A proposito di mercato, il vino Chianti sembra tenere meglio di altri le posizioni. “Anche noi risentiamo di un problema sui prezzi, ma, rispetto ad altre Doc o Docg abbiamo il vantaggio che il 90% della produzione viene venduto nell’annata. Questo fa sì che i produttori non abbiano praticamente scorte in cantina”, commenta Capurso. “Inoltre abbiamo avuto avuto un calo di produzione del 10% dovuto al reimpianto di vigneti vecchi e questo ha compensato l’abbassamento dei consumi”. Sostanzialmente in tenuta in Italia, il mercato del Chianti è per il 70% all’estero, Con 850 mila ettari vitati, 100 milioni di bottiglie prodotte, rappresenta il 50% della superficie del vitigno toscano e della produzione di vini doc della regione, il Consorzio comprende sei provincie e 100 comuni.

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