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Italia Oggi

Spunta la Dop metereopatica ... La Ue vuole denominazioni sensibili ai cambi climatici... Da un lato la commissione europea tiene la barra dritta sulla rotta della semplificazione, lavorando alla possibile fusione di dop e igp in un solo regime normativo, magari con elenchi differenti per grandi produzioni e prodotti di nicchia. In particolare, Bruxelles insiste sulla necessità di adeguare i protocolli di tutela e i processi di riconoscimento delle denominazioni ai mutamenti climatici, punta sull’introduzione di meccanismi europei di trasparenza nella certificazione a garanzia dei consumatori e, cosa non da poco, si preoccupa dello scarso apporto degli enti locali nelle politiche di sostegno alle indicazioni geografiche. Dall’altro, stati membri come Francia, Spagna e Italia lavorano per la crescita delle denominazioni d’origine, attivando una sorta di diplomazia delle Dop e Igp, anche in paesi dell’Est Europa. Di più: guardano con grande favore alla emergente esigenza di tutelare l’origine di produzioni nazionali in paesi che non t’aspetti: negli Usa, dove si vorrebbe invertire la tendenza, verso stili di alimentazione piu mediterranei o, addirittura, in Cina, dove è in corso l’istituzione di meccanismi di tutela dell’origine per dieci produzioni. Pechino ora è preoccupata della concorrenza straniera su riso e thè. E il consolidarsi di una simile sensibilità in questi due paesi potrebbe aiutare molto Italia, Francia e Spagna nella battaglia (finora minoritaria) in Wto pei avere uno scudo globale a difesa delle denominazioni d’origine. Il problema è che questi stessi paesi devono percorrere una via tortuosa anche in Europa, stretti tra esigenze opposte. La prima è evitare che la semplificazione normativa in cantiere a Bruxelles e la possibile unificazione sotto un unico ombrello di Dop e Igp inneschino confusione nel consumer e, soprattutto, spingano il produttore a cercare un compromesso “al ribasso” sul fronte della qualità. In sostanza, se non ci dovesse più essere una differenza normativa percepita tra indicazioni geografiche e denominazioni d’origine, il produttore finirebbe con lo spostare verso il basso la lancetta della qualità, seguendo standard Igp, più che Dop. Il secondo rischio che la triplice mediterranea dovrà scansare è l’insorgenza di una “inflazione di denominazioni” presenti sul mercato, che potrebbe finire per banalizzare questi strumenti, in termini di appeal sul consumatore. Di questi temi, evidentemente strategici per lo sviluppo dell’agroalimentare europeo, si è discusso giovedì a Bruxelles, nel corso del IV forum sulla qualità alimentare, organizzato dalla fondazione Qualivita (sostenuta dalla fondazione Monte dei Paschi di Siena, da comune, provincia e cdc senese e dalla regione Toscana) in collaborazione con i ministeri dell’agricoltura italiano, francese e spagnolo. Un forum che guarda anche oltre oceano, visto che l’obiettivo dichiarato per il prossimo, il quinto, “è di riuscire a organizzarlo negli Stati Uniti, per dare forza nei mercati internazionali alle produzioni agroalimentari di qualità certfficata”: parola del segretario generale, Mauro Rosati. Ma al forum si sono sentiti forte anche i venti di crisi. Preoccupa il crollo dei prezzi sul fronte materie prime, così come il calo della domanda di alcuni prodotti. Dai lavori di uno dei tre panel è emersa l’esigenza di varare meccanismi di regolazione preventiva e programmazione delle produzioni; istanza questa fortemente sostenuta da Giuseppe Alai, presidente Afidop e consorzio Parmigiano Reggiano. E che il gioco a difesa delle denominazioni valga la candela dello sforzo politico sia sul fronte turbolenze di mercato sia sul versante delle politiche di sostegno lo si capisce dalle parole di Paolo De Castro, presidente della commissione agricoltura dell’Europarlamento. De Castro, primo presidente della fondazione Qualivita, intervenuto alla tavola rotonda è stato chiaro: “Primo. Dobbiamo smetterla di pensare a dop e igp come a produzioni di nicchia da difendere. Non è una battaglia di retroguardia o meramente culturale; sono prodotti che valgono miliardi di euro. L’Europa puo vincere la sfida dell’agroalimentare solo se valorizza queste produzioni, consentendo loro di competere sui mercati internazionali. Servono per questo nuovi strumenti”, ha spiegato De Castro, “più garanzie contro la pirateria alimentare fuori dall’Ue, dove queste produzioni non sono tutelate. L’Europa deve aiutare i consorzi, che da soli non possono sostenere tutti i costi di registrazione dei marchi a livello internazionale in copyright, come ha fatto la coca cola”. Non solo. De Castro lancia sul tavolo anche una seconda ricetta: “Vanno attivati strumenti comunitari per la gestione delle quantità ed evitare cosi i crolli dei prezzi”, dice. “Latte, cereali, frutta oggi sono in crisi. Ma l’Ue non è in grado di offrire strumenti di gestione del mercato e si è visto che la qualità certificata da sola non basta”. E che dop e ig siano “la punta di diamante dell’agricoltura europea” è opinione anche del commissario europeo all’agricoltura Mariann Fischer Boel, che, intervenuta al forum, ha spiegato: “Il loro valore è di 14 mld di euro, bevande alcoliche e vino esclusi, ma birra inclusa”. Il commissario considera Dop e Ig “patrimorio europeo”. le definisce “dispositivi di qualità, non di quantità”, ma non crede al loro contingentamento: “Non sono riservabili a pochi”, dice, “la torta deve essere sempre più grande”. Con buona pace di chi teme una banalizzazione delle denominazioni. Idem per le programmazioni produttive; il commissario alza un muro: “Sì alle regolamentazioni delle qualità, no a regolamentazioni della quantità”. E sulla semplificazione in materia di tutela delle denominazioni a cui la commissione europea sta lavorando, Fischer Boel spiega: “Abbiamo diverse idee. Fondere dop e igp in una sola norma, creare un registro unico per vini dop e igp per evitare l’insorgere di numerosi contenziosi legali, pur mantenendo caratteristiche produttive differenziate tra i vini a denominazione e quelli a indicazionie geografica. Infine, difendere i trasformati, potenziando le specialità tradizionali garantite (stg) a rischio abuso. E qui bisogna agire sugli ingredienti”, spiega, “evitando però che risposte pesanti della commissione europea soffochino produttori con business già importanti”. La pizza napoletana insomma è il casus belli, ma già si capisce che pizzaioli cinesi e catene nordamericane dormiranno sogni più che tranquilli...

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