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Italia Oggi

Il vino con la sindrome di Tafazzi ... Molti produttori, spaventati dalla crisi, svendono il prodotto... Inchiesta ItaliaOggi. L’Uiv: primo prezzo a rischio qualità. La denuncia Giv: filiera autolesionista... I1 2010 si preannuncia un altro anno di passione per la filiera italiana del vino. In particolare per il primo e più debole anello della filiera: i viticoltori, che già lo scorso anno, nell’80-90% dei casi, avrebbero lavorato in perdita. Le attuali condizioni del mercato, infatti, non lasciano intravedere nel breve termine la possibilità di una risalita dei prezzi del vino e quindi delle quotazioni delle uve. Risalita che potrebbe verificarsi fra due-tre anni. La crisi globale, col conseguente rallentamento dell’export, la maggiore attenzione del consumatore italiano al rapporto qualità/prezzo (la necessità aguzza l’ingegno) e l’acuirsi della competizione fra operatori della gdo, col conseguente proliferare dei primi prezzi, hanno certo contribuito a deprimere il mercato vinicolo. Da una ricognizione di ItaliaOggi fra gli addetti ai lavori emergono però anche responsabilità dirette dei produttori. Responsabilità e comportamenti che alcuni giustificano, sui quali altri glissano e che altri ancora descrivono per quelli che sono, nella speranza che discuterne aiuti la filiera a evolvere in meglio. “È nelle cose”, afferma Maurizio Gardini, presidente di Fedagri-Confcooperative, “che in una situazione di sovrapproduzione le quotazioni di un bene scendano anche sensibilmente e che molti produttori, non riuscendo a valorizzare adeguatamente sul mercato il vino in cisterna abbiano optato per imbottigliare e proporsi in prima persona sul mercato”. Pur riconoscendo che l’eccessiva frammentazione dello scenario competitivo nel comparto vinicolo (Unioncamere conta 11.500 registri d’imbottigliamento nel nostro paese) non favorisce la competitività delle aziende italiane, Andrea Sartori, presidente di Unione Italiana Vini, esprime preoccupazione per la sostenibilità nel tempo (oltre che per il livello qualitativo) di proposte di primo prezzo come quelle della gdo. “Di fronte a vini proposti a 1 euro la bottiglia o a 60-70 centesimi/l in brik”, dichiara Sartori, “se si sottraggono i costi dei materiali, di lavorazione, d’imbottigliamento ecc., al produttore resta una cifra talmente bassa da rendere economicamente non giustificabile continuare a produrre. Peraltro, abbiamo già assistito a incresciosi casi di viticoltori del Sud Italia che non hanno neppure raccolto le uve...”. “La battuta d’arresto dell’export a cavallo fra la fine del 2008 e i primi mesi del 2009”, constata Emilio Pedron, amministratore delegato del Gruppo Italiano Vini, “ha provocato un certo panico fra i produttori di vino, molti dei quali, vedendo minacciato il loro fatturato, hanno ritenuto che l’unico modo per affrontare la situazione fosse abbassare i prezzi. Risultato: nei primi sei mesi del 2009 il valore medio del vino italiano esportato è sceso del 14%. Un calo che su base annua potrebbe arrivare al 18-20%”. Analogo lo scenario sul mercato interno, stando alle parole di Michele Radaelli, amministratore delegato dell’Azienda Vinicola Caldirola. “La guerra dei prezzi con noi imbottigliatori”, ha riferito a ItaliaOggi il manager, “l’hanno innescata proprio i produttori, che si sono affacciati sul mercato a prezzi bassissimi, inferiori a quelli che praticavamo noi imbottigliatori e che il mercato già riconosceva ai loro vini. Emblematico il caso del Montepulciano
d’Abruzzo. Nel 2008 i produttori avevano chiesto incrementi di prezzo molto sensibili rispetto all’anno precedente, a mio avviso ingiustificati in quanto il vino non mancava. Salvo poi proporsi sul mercato nel 2009 alla metà di quel prezzo, probabilmente perché dovevano smaltire le giacenze in cantina sia dei vini della vendemmia 2007 che di quelli del 2008 non assorbiti dall’export. Una scelta che ora pagheranno. Difficilmente nel 2010 riusciranno infatti a recuperare il valore perduto, perché la situazione economica è quella che è e la domanda si mantiene stabile”. “Una scelta, quella anche dei produttori di vino Doc e Igt d’abbassare i prezzi, invece d’affrontare la crisi in modo proattivo, facendo magari qualche promozione in più, azioni di marketing e coordinandosi con i colleghi aderenti ai medesimi consorzi di tutela”, puntualizza Pedron, “che non solo ha privato le loro stesse aziende del corretto margine e rischia di vanificare sforzi e sacrifici di anni volti a valorizzare le denominazioni, ma che si è ripercossa negativamente sui viticoltori, ridotti oggi in gran parte a lavorare in perdita, e ha finito per avvantaggiare la distribuzione moderna”. Per una volta insomma, la gdo s’è vista servire su un piatto d’argento, senza neppure la necessità di fare la voce grossa, l’opportunità di marginare di più. E non se l’è certo fatta sfuggire. “I prezzi al consumo”, afferma Pedron, “sono calati proporzionalmente meno di quelli di cessione”. Quanto alla qualità dei vini di primo prezzo presenti sugli scaffali della gdo, sia Pedron che Radaelli non condividono la preoccupazione espressa da Sartori. “Di schifezze in giro”, assicura Pedron, “se ne vedono poche”. “Nei brik e nelle bottiglie di primo prezzo”, aggiunge Radaelli, “c’è vino italiano, della Sicilia, della Puglia o di altre regioni forti produttrici. Non foss’altro che per il fatto che importarlo costerebbe di più”.

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