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Italia Oggi

Il Terroir, oggi è più mito che realtà ... Nel mondo del vino la parola Terroir ha un significato speciale. Talmente speciale che è perfino difficile darne una definizione esaustiva. In sintesi si tratta del ruolo congiunto giocato dal territorio, dalla sua cultura e dal clima nel dar vita alla produzione del vino. Nella realtà la parola nasconde una strategia di offerta precisa seguita, soprattutto, dai paesi produttori del vecchio mondo del vino. Legare vitigni e bottiglie a un terreno specifico, identificato da una certificazione di origine, per fare di quel vino un bene esclusivo. In qualche modo il Terroir vuole essere, allo stesso tempo, una barriera di ingresso per i concorrenti e lo strumento per poter dar vita ad un monopolio naturale. Entrambe operazioni molto logiche sul piano economico per garantirsi e difendere dei margini di guadagno. I produttori del nuovo mondo del vino, dal canto loro, hanno preferito seguire strategie basate sulla creazione e promozione del brand. Strategie molto orientate al marketing: tramite le quali alcuni successi sono stati sicuramente ottenuti. Oggi, nello scenario competitivo del vino modificato dalla crisi economica, diventa giusto chiedersi quanta ragione economica abbia ancora una strategia di offerta basata sul Terroir. E questa considerazione vale soprattutto per i vini premium e ultrapremium i più beneficiati negli anni passati dalla spinta favorevole di questa filosofia di offerta. Uno studio condotto sul Terroir più famoso del mondo, quello di Bordeaux, offre risultati non troppo incoraggianti per i sostenitori della tradizionale strategia del vecchio mondo. La ricerca sul campo effettuata in Europa ha dato un risultato abbastanza netto. Sono stati intervistati 12 mila consumatori di sette diversi paesi europei (non italiani) per misurarne la qualità percepita dei vini prodotti nel territorio bordolese e come il marchio Bordeaux agisse da ombrello di garanzia della qualità nell’orientare le scelte di acquisto. I risultati mostrano che: a) molte denominazioni di origine della zona non sono associate o ricondotte a Bordeaux dai consumatori intervistati; b) i segnali qualitativi legati alla provenienza dal territorio di Bordeaux non sono sistematicamente utilizzati dai consumatori al momento della scelta di acquisto e non sempre lo sono nel modo corretto e, soprattutto, i diversi consumatori possono attribuire alla origine geografica dei vini significati diversi. Per di più i risultati quantitativi connessi all’uso dell’ombrello Bordeaux come informazione qualificante da parte dei consumatori sono abbastanza chiari: soltanto il 50% dei consumatori che conoscono, perché ne hanno già provato i vini nel passato, il Terroir di Bordeaux utilizzano l’informazione per orientare la propria scelta di acquisto, cifra che scende al 33% tra i consumatori non conoscitori dei vini bordolesi. Il primo risultato può essere interpretato come un fatto che il Terroir Bordeaux non rappresenta per chi compra una rilevante informazione qualitativa oppure come un dato che non è capace di rilevare un livello omogeneo e di alta qualità nei prodotti che racchiude “sotto il suo ombrello”. Fatto sta che tali cifre emergono tra i consumatori europei che già conoscono un Terroir noto come quello di Bordeaux. Figurarsi quanto meno significativo sia l’effetto territorio come informazione qualificante le scelte di consumo tra gli stessi consumatori europei con riferimento a territori italiani meno blasonati. Tutto ciò aiuta i produttori del vecchio mondo a farsi coraggio per imboccare la direzione strategica più appropriata nel contemporaneo mercato del vino globale: perdersi meno in infinite discussioni filosofiche sui Terroir e concentrarsi di più sui bisogni dei consumatori e sui loro gusti. Uscire dal mito per entrare nella realtà del nuovo business del vino.

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