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Italia Oggi

Fenomeno Zara sul vino ... I consumatori hanno cambiato e di molto il modo di fare acquisti. Oggi hanno molto più potere del secolo scorso nel dettare all’offerta le caratteristiche del prodotto che vogliono consumare. Siamo entrati nel mondo dei prodotti personalizzati o, per usare la definizione di uno dei massimi pensatori contemporanei di strategia di business, C. K. Prahalad, nella stagione di N=1 nella quale ogni consumatore è diverso dagli altri. Chi negli ultimi anni ha capito per primo questa nuova esigenza di riorganizzare l’offerta ha fatto fortuna. Zara, ad esempio, si è imposta a livello internazionale con una proposta iper personalizzabile sulle esigenze del singolo consumatore e sviluppando tempi e modi innovativi di proporre la collezione di stagione. Non più la classica collezione estiva o invernale cadenzata nei tempi, ma un ciclo continuo di nuove proposte capaci di adattarsi dinamicamente nel corso dell’anno all’andamento dei gusti dei consumatori. Se quest’anno di estate, ad esempio, in Olanda va molto il giallo, allora nel corso della stessa stagione si punta a valorizzare questa tendenza aggiornando l’offerta. È emerso un modo nuovo di interagire con i clienti finali e modalità originali per i consumatori di esprimere le proprie preferenze. E nel vino cosa succede? Non molto per il momento anche se nel mercato americano iniziano a registrarsi le prime novità. Chi produce vino si illude che per lui le stagioni siano scandite, oggi come un tempo, dal trascorrere degli anni come accadeva nel novecento. Stesso prodotto anno dopo anno da “imporre” ai consumatori. Se produco un Cabernet o un Merlot lo faccio identico e unico nella gamma a come l’ho sempre fatto nel passato. L’offerta non si allarga per provare a intercettare i gusti specifici dei consumatori, ma rimane inchiodata alla logica della tradizione. Zara, ad esempio, produrrebbe vino in maniera diversa, perché si sforzerebbe di offrire cinque o sei tipologie di Merlot con sfumature diverse ai clienti per poi capire quello che tira di più nell’anno in corso e spingerlo al meglio. L’anno successivo una parte dell’offerta sarebbe non più riproposta e i Merlot in vendita in buona parte originali. È quanto ora alcuni produttori stanno provando a fare negli Usa. L’obiettivo è quello di seguire nel modo migliore le tendenze di consumo non stabili ma anzi in continua evoluzione dei propri consumatori. Anche alla luce del fatto che il consumo di vino è sempre più edonistico e sempre meno necessitato. È davvero molto simile al prét-à-porter: quest’anno il Merlot lo preferisco con un retrogusto di amarena invece che di prugna e l’offerta si adegua. Insomma produrre vino di successo sta diventando e lo diventerà sempre di più nel futuro una attività dinamica e correlata all’andamento della stagionalità dei gusti del mercato. Non si tratta, ovviamente, di alterare i gusti dei vitigni, ma più semplicemente di diversificare e ampliare l’offerta. In fin dei conti il vino non è molte distante all’idea di produzione che negli anni 30 aveva in testa Henry Ford: “I consumatori sono liberi di comprare la macchina che preferiscono a condizione che sia una Ford T di colore nero”. Per il vino la stessa frase nel ventunesimo secolo si può ancora utilizzare adattandola con un: “... a condizione che sia un Merlot di 13 gradi”. Il consumatore globale del prodotto vino è già pronto a esercitare il proprio potere per ottenere una offerta personalizzata. Nei prossimi anni le cantine che meglio delle altre sapranno interpretare questa tendenza saranno quelle che ne trarranno i maggiori benefici in termini di vendite e profitti. Del resto, illudersi che il vino sia un prodotto unico, quando invece è di massa quanto lo è un capo di Zara, equivale a decidere scientemente di volersi sganciare dal carro del capitalismo del XXI secolo.

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