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Italia Oggi

Due scuole per un vino. Super … Defoliazione da est, per catturare il sole del mattino e schermare le uve dai raggi del pomeriggio. Troppo caldi, per essere salutari. Il frutto è una vendemmia anticipata, anche di tre settimane, per poi passare, in cantina, a una svinatura ritardata e a una sapiente miscela di vini monocultivar bordolesi, ricavati da vigneti selezionati, per terroir, cura e tecnica colturale delle uve. Domenico Zonin, responsabile produzione della casa vinicolo Zonin, svela così a ItaliaOggi i segreti del sodalizio con Denis Dubourdieu, rettore dell’Università di enologia di Bordeaux. Un lavoro che porta dritto alla produzione di due vini d’eccellenza, un rosso maremmano e un bianco friulano, entrambi firmati Dubourdieu. Seguiti passo passo dall’enologo francese, dalla terra alla bottiglia … Domanda: Si parla di un nuovo sistema per migliorare la qualità dei vigneti. Di che si tratta? Risposta: Nella nostra continua ricerca del meglio, che dura da più di un secolo, l’obbiettivo è migliorare la qualità delle uve, migliorando le tecniche di produzione del vino. Da dieci anni collaboriamo con il rettore dell’Università di enologia di Bordeaux, Denis Dubourdieu. Dubourdieu è già consulente di Chateau Cheval Blanc e di altri importanti Chateaux di Bordeaux. Due anni fa ci ha proposto di produrre due vini assieme. E ha scelto lui la zona, i vitigni e relativi vigneti. D: Ha fatto tutto da se? R: Sì, naturalmente con la nostra e la mia partecipazione. Lui ha scelto il terroir, il vigneto, la cura e le tecniche colturali da seguire, ha fissato la data di raccolta delle uve, ha deciso le macerazioni in cantina, e l’affinamento in barrique. Tutte le fasi fino alla bottiglia sono state seguite da Dubourdieu con i nostri tecnici. Ma la cosa sorprendente è che tutte le cose che ci aveva detto nei dieci anni le abbiamo imparate dieci volte di più. Proprio per il suo diretto protagonismo nella produzione. Così Dubourdieu firmerà i vini. E verrà anche a presentarli. D: Il risultato? R: Due vini. Un vino rosso nella Maremma toscana, prodotto nella nostra azienda, Rocca di Montemassi. E’ un taglio bordolese, con una piccola percentuale di Syrah (dal 5 al 10%). Uscirà a giugno 2010. Si chiamerà come la tenuta: Rocca di Montemassi. Il secondo vino è un bianco, visto che lui è specialista di Sauvignon. Sarà prodotto dall’azienda Ca’ Bolani in Friuli. D: I volumi? R: Il primo anno, proprio come test, cinque-sei mila bottiglie a vino. Il secondo vedremo, dipende dalla risposta del mercato. La capacità di produzione che abbiamo ci consente di salire. D: Il sodalizio continuerà? E firmerà altri vini? R: Sì, abbiamo già un accordo per i prossimi anni. D: Cerchiamo di capire dove Dubourdieu ha inciso. R: Vede, nella piramide qualitativa del vino più si sale verso la punta, più l’attenzione al dettaglio è importante. Abbiamo migliorato ogni piccola fase del processo. I francesi sono bravi per questo: producono vini di altissima qualità da secoli, hanno una storia nel corso della quale hanno approfondito ogni piccolo dettaglio … D: Certo, ma dove realmente si è vista la sua mano? R: Ha scelto il terroir. Infatti, la cosa più importante in viticoltura è l’occhio dell’esperto di vigneti e di enologia. L’abitudine a lavorare con vigneti di qualità molto equilibrati permette a un enologo capace di scegliere tra i diversi terroir. E Dubourdieu, avendo a che fare tutti i giorni con i miglior terroir del mondo, ha un occhio talmente allenato da riuscire a individuare i migliori terroir e i migliori vigneti. D: Bene, ma la scelta del vigneto avrà dei parametri. Quali? R: Guarda allo spessore dei tralci, alla vigoria della pianta e al tipo di terreno. D: Ma, diceva, ha anche inciso nel processo produttivo: R: certo. Per esempio, la cosa che ha funzionato meglio nello sviluppo del rosso è stata, oltre alla bassa produzione di uva per pianta, una defolazione mirata, fatta manualmente sulla fascia dell’uva in due epoche successive, per esporre l’uva al sole. D: Cioè? R: E’ intervenuto sulla fascia dell’uva solo dal lato est. D: Perché? R: Perché se la si fa da ovest, il sole del pomeriggio più caldo, scotterebbe l’uva. E la brucerebbe. Il sole del mattino, invece è più leggero; migliora i colori delle uve, la morbidezza e i tannini. D: Questa pratica ha influito anche sui tempi di vendemmia? R: Sì. Così facendo, raccogliamo uve anche due-tre settimane prima di quanto facevamo negli anni precedenti. La maturazione viene anticipata di due settimane. E si ottiene un vino molto più strutturato, morbido e importante. D: Dubourdieu è intervenuto anche in cantina? R: Sì, in primis sulla macerazione delle uve. Vede, ci sono due pratiche che dipendono molto dalla sensibilità dell’enologo. Si tratta di piccole scelte, che possono far grande un vino. Una prima scelta riguarda la cosiddetta svinatura: al termine della fermentazione si separa il vino dalle bucce. Dubourdieu ha deciso quando farla, modificando l’impostazione tradizionale. Perché questo incide sulla struttura e la durata negli anni del vino. D: Ha anticipato l’operazione? R: No. L’ha posticipata anche di due settimane. D: La seconda scleta? R: E’ l’assemblaggio; cioè il mettere assieme le diverse partite dei diversi vini per creare uil vino finale. Si hanno diverse parcelle di vigneto. Che si vinificano separatamente; da queste si ottengono vini monocultivar diversi. D: E Dubourdieu su quanti vigneti ha lavorato? R: n Maremma abbiamo dieci vigneti per ogni varietà. La principale è il Sangiovese, ma Dubourdieu lavora ovviamente solo sui bordolesi. Si tratta di vitigni comunemente ritenuti nativi della Francia, ma anche con una storia italiana: Merlot, Cabernet, Cabernet Franc, Petit Verdot. In particolare quest’ultimo, secondo Dubourdieu, in Maremma da risultati che superano quelli dei migliori vini bordolesi. Per via del clima più caldo del loro. D: Sì, ma come? R: Dubourdieu viene in azienda e in base al tipo di terreno, vigoria della pianta ecc. sceglie i tre migliori vigneti per ciascuna decina. Tutti bordolesi. I tre migliori vigneti da lui selezionati vengono tutti vinificati separatamente. Alla fine ci si mette tutti attorno al tavolo. I vini ricavati dai tre migliori vigneti selezionati per varietà vengono miscelati in percentuali diverse con i vini frutto dei restanti dieci vigneti. In tutto, fanno trenta vini. Alla fine, si prendono i risultati migliori. D: Un procedimento complesso: R: Sì, alla fine della lavorazione si ha un vino fatto di trenta vini diversi. L’abilità di Dubourdieu è saper miscelare al meglio questi trenta vini. Eventualmente lasciando fuori i vini meno buoni o miscelandoli in percentuali diverse. In sostanza, utilizza i diversi vini come ingredienti di un altro vino, come fa un grande chef con i suoi piatti in cucina. Questa è la parte più importante nella creazione di un vino. E richiede diversi giorni di lavoro … D: Ma il prodotto così si rinnova? Insegue i gusti del mercato? R: Quel che conta qui è il gusto dell’enologo, specialmente se segue i trend di mercato e le preferenze dei consumatori. Ogni anno questo assemblaggio cambia. Le percentuali di miscelazione muteranno in funzione del gusto dell’enologo, di anno in anno. Inoltre, con Dubourdieu collabora il nostro direttore tecnico Franco Giacosa. Ovviamente, per il bianco usiamo tecniche diverse che per il rosso. Ma anche questo prodotto viene seguito dall’inizio alla fine. D: Tirando le somme? R: Abbiamo avuto risultati eccezionali da questa collaborazione, non pensavamo neanche noi di avere miglioramenti così consistenti.

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