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Italia Oggi

L’ambasciatore del Gallo Nero ... La vita e i gusti di Giuseppe Liberatore, direttore generale del Consorzio Vino Chianti Classico... L’enologia tricolore ha fatto molta strada, ma dobbiamo evitare l’errore di proporre il vino come prodotto per le élite... Chissà dove sarebbe adesso Giuseppe Liberatore se quel giorno di 35 anni fa, anziché iscriversi alla facoltà di agraria avesse deciso di indirizzarsi verso gli studi di giurisprudenza. Quasi sicuramente non sarebbe diventato il direttore generale del Consorzio Vino Chianti Classico, ruolo che ricopre dal 1992, ma siamo d’altra parte certi che nemmeno si sarebbe accontentato di diventare “solo” il presidente di una associazione di categoria dei professionisti del foro. Liberatore, infatti, oltre al già delicato incarico che ricopre, è anche direttore del Consorzio olio Dop Chianti Classico, vicepresidente di Federdoc (Confederazione nazionale consorzi volontari per la Tutela delle denominazioni dei vini italiani) e presidente dell’Associazione italiana Consorzi indicazioni geografiche. “Non sono mai stato un tipo deciso”, dice, “e quando mi recai a Napoli dal Molise, di dove sono originario, per iscrivermi all’università non sapevo esattamente quale delle due strade intraprendere. Poi la curiosità e l’interesse che già nutrivo per il mondo agricolo mi hanno fatto propendere per la facoltà di agraria. Del resto quello di Portici era un ateneo rinomato e potevo contare sulla presenza di un corpo docenti di grandissimo livello”. Così la città partenopea diventa la prima tappa di un percorso di vita e professionale che di lì a poco porterà Liberatore a Torino prima e a Roma poi, con l’ultima (per ora!) fermata a Firenze, dove risiede quando non è in giro per l’Italia e all’estero a promuovere il Chianti Classico (contraddistinto dall’inconfondibile Gallo Nero) e a difenderne gli interessi. “In Piemonte ci sono andato nel 1983 per frequentare un corso di specializzazione in enologia e viticoltura all’università di Torino”, spiega, “mentre nella capitale ho collaborato dal 1985 al 1987 con la direzione di Federcantine, per assumere poi le funzioni di segretario generale dell’Ente nazionale interprofessionale per la valorizzazione del vino”. È attraverso questo viaggio nelle professioni e su e giù per la Penisola che Liberatore ha sviluppato due competenze che si sono rivelate fondamentali nella sua carriera: le nozioni tecniche e la familiarità con gli strumenti di marketing. Ed è stato soprattutto dalla gestione di una situazione di crisi che ha imparato come bisogna comportarsi per essere competitivi e virtuosi sul mercato. “Nel nostro paese tutto è cambiato dopo lo scandalo del metanolo (una truffa che nel 1986 coinvolse alcuni viticoltori tra Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna, i quali utilizzarono il metanolo per aumentare la gradazione alcolica dei loro vini, provocando gravi danni di salute, e in alcuni casi la morte, a decine di consumatori, ndr)”, continua Liberatore. “Fu una svolta: si iniziò a considerare la produzione di vino non più in termini di quantità, ma di qualità. Finalmente il vino cominciò a non essere più trattato alla stregua di una mera forma energetica, ma come un prodotto vicino al concetto di qualità della vita, un prodotto di moda, di cui la gente parla volentieri”. Certo, l’enologia tricolore ne ha fatta di strada da allora, e oggi è uno dei simboli per antonomasia dell’eccellenza del made in Italy. Anzi, paradossalmente la sua immagine si è nobilitata a tal punto che in alcuni casi, soprattutto nel mercato interno, ne ha limitato il consumo di massa. “Purtroppo è così”, conferma il direttore generale del Consorzio Vino Chianti Classico, “e dobbiamo cercare di non commettere l’errore di proporre il vino come un nettare per le élite. Il vino è piuttosto una bevanda adatta al consumo quotidiano, e per quanto mi riguarda perfetta per accompagnare anche uno snack, al posto dei soft drink”. Con tutti gli impegni che richiedono i vari incarichi che ricopre, una moglie e due figli, Giuseppe Liberatore non ha molto tempo per svagarsi. Ma per fortuna la sua passione più grande può accompagnarlo ovunque. “Adoro la musica classica, sia quella sinfonica, sia quella lirica”, dice. “La sento mentre guido la mia Bmw X3 durante i frequenti spostamenti, quando non posso ascoltarla dall’impianto stereo Pioneer di ultima generazione che ho a casa o suonata da mio figlio, che con mia grande soddisfazione studia chitarra classica”.

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