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Italia Oggi

Scende l’euro, sale l’export di vino ... Tra le molte sfumature negative della crisi finanziaria delle ultime settimane, ce ne è anche qualcuna positiva. Almeno per chi esporta. Il supereuro, capace di arrivare perfino ad un rapporto di cambio pari a 1,50 dollari per ogni euro o vicino alla pari con la sterlina, ha perso il momentum. La moneta unica si è rapidamente deprezzata rispetto al dollaro, tanto che oggi è cambiata a 1,25 dollari per ogni euro, e dovrebchiudere l’anno ancora più debolmente in zona 1,18-1,20. Un ritorno a una normalità valutaria che, almeno per i settori fortemente dipendenti dall’export nel mercato statunitense, è sicuramente positivo. Per almeno due ragioni: perché quello americano sta per diventare il principale mercato al mondo di consumo di prodotti enologici; perché le esportazioni sono l’unica arma a disposizione dei produttori del vecchio continente per compensere calo dei consumi domestici. In termini quantitativi, infatti, il consumo di vino in Italia - alla pari di quanto sta accadendo negli altri Paesi europei “tradizionali produttori” - risulta strutturalmente in calo da diversi anni. Da un consumo di quasi 37 milioni di ettolitri della fine anni 80, siamo passati a meno di 25 milioni, sottendendo quindi un calo di oltre il 30%. In altri termini, ognuno di noi consuma poco più di 40 litri di vino all’anno rispetto agli oltre 60 che venivano per capita acquistati ogni anno quasi venti anni fa. La stessa tendenza ha interessato la Francia, scesa da 66 a 53 litri pro-capite e la Spagna, passata da 40 a 30 litri. Fortunatamente per le imprese italiane, il consumo di vino si è ormai diffuso ai quattro angoli del pianeta, diventando una delle bevande più acquistate - o comunque inserite in un trend di forte espansione - tra la popolazione. È quanto sta ormai accadendo da alcuni lustri negli Stati Uniti, dove il consumo di vino ha superato - in termini assoluti - il livello di quello italiano (27,3 milioni di ettolitri) o anche in Gran Bretagna dove i consumi sono praticamente raddoppiati dal 1990. Alla luce di questo calo strutturale dei consumi sul mercato nazionale e della contestuale crescita nel resto del mondo, le imprese vinicole italiane hanno maggiormente focalizzato la propria attenzione sulle vendite oltre confine: dal 2000 al 2008, il valore dell’export di vino italiano è passato da 2,5 a 3,6 miliardi di euro, denotando un incremento di quasi il 47%. Il 2009 però è stato un anno di pausa per la corsa all’export dei produttori di vino. Causa la recessione globale e il supereuro il trend positivo ha segnato una battuta di arresto. Una battuta di arresto che ha interessato i maggiori esportatori vinicoli mondiali e che per l’Italia si è tradotta nel 2009 in un calo in valore rispetto all’anno precedente del 3,3%, a fronte di una crescita nelle quantità esportate del 6,2%. Un andamento contrastante che sottende, complice la stessa crisi economica, un riposizionamento dei consumi verso prodotti a prezzo più competitivo o low cost. Anche se l’Oiv stima complessivamente, per il 2009, un consumo di vino a livello mondiale in calo del 2,8% rispetto all’anno precedente, attestandosi così sui 237 milioni di ettolitri. Negli Usa c’è stata una stabilizzazione delle esportazioni con 2,4 milioni di ettolitri di vino esportato con un valore che, da oltre 800 milioni di euro del 2008, si è stabilizzato poco sopra i 700 milioni. Adesso l’accelerato deprezzamento dell’euro contro il dollaro dovrebbe favorire un recupero delle esportazioni italiane già per la prossima estate.

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