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Italia Oggi

I Bric impiantano viti: per consumare o esportare? ... I paesi Bric, Brasile, Russia, India e Cina, sono da qualche tempo agli onori delle cronache economiche internazionali. Sono loro a crescere in termini di pil ed a spingere i volumi degli scambi del commercio mondiale, anche perché rappresentano insieme una parte importante della popolazione del globo e quindi del reddito disponibile. Ma i Bric vanno tenuti sotto stretta osservazione anche per quanto riguarda l’enologia. Non soltanto perché possono essere dei mercati target per esportare il vino italiano, ma anche perché i Bric hanno, da qualche tempo, iniziato a impiantare viti e produrre vino in maniera importante. Il Brasile, ad esempio, già produce 3,2 milioni di ettolitri all’anno soprattutto nella regione del Rio Grande do Sul, mentre il governo russo vuole arrivare entro il 2020 a 150 mila ettari di vigneti nazionali in produzione dagli attuali 60mila, vitigni da impiantare soprattutto in Crimea e nella regione di Krasnodar. Quanto alla Cina, dopo anni di massicci investimenti nel settore vitivinicolo è oggi diventato il sesto produttore al mondo di uva e gli impianti continuano a crescere anno dopo anno. I Bric vitano soprattutto varietà note al consumatore globale, come Chardonnay o Merlot, e sono per questa ragione ancora più temibili. Nel caso cinese, poi, si tratta di vino prodotto a prezzi a forte sconto rispetto ai valori unitari di produzione del vecchio mondo e questo apre il problema delle strategie di medio termine dei nuovi produttori dei Bric. Producono quasi esclusivamente per il mercato interno oppure puntano ai ricchi mercati di consumo esteri? La cultura dei Bric è export-led, cioè orientata a realizzare esportazioni, in praticamente tutti i settori produttivi e, non appena la qualità media del vino prodotto avrà raggiunto un livello adeguato agli standard dei consumatori internazionali, è assai probabile che anche il vino brasiliano o cinese sarà acquistabile negli scaffali americani, tedeschi o inglesi. Anche perché nelle strategie ufficiali di questi paesi, i cui produttori sono molto più concentrati di quelli europei e dimensionalmente più grandi, è espressamente detto che puntano a vendere il prodotto all’estero. La passione enologica dei Bric è quindi una possibile minaccia per i produttori occidentali, non tanto per i vini premium o quelli di fascia alta, ma per la parte a minor valore aggiunto della produzione europea. I vini da tavola o da scaffale a prezzo molto basso sono destinati a subire la concorrenza dei vini dei Bric, ovviamente gradualmente, nei prossimi anni. E competere con i cinesi sul fronte del prezzo di vendita è impossibile per chiunque, anche quando si tratta di bottiglie di vino. Quindi, se il consumo mondiale di vino non cresce proporzionalmente alla cresciuta produzione dei Bric, allora i paesi produttori tradizionali dovranno prepararsi ad un effetto sostituzione almeno parziale delle loro vendite annue. Effetto sostituzione con duplice dinamica: nei mercati internazionali non produttori ma già consumatori come l’Olanda o il Canada, e nei nuovi mercati emergenti come il Vietnam o il Messico. Ciò significa che i produttori italiani farebbero bene ad iniziare ad incorporare nei loro modelli di vendita anche l’effetto del vino dei Bric nelle dinamiche competitive internazionali. Così da poter anticipare gli eventi e non inseguirli quando si saranno già manifestati.

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