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Italia Oggi

Senza ceto medio il vino necessita di un nuovo marketing ... Negli ultimi mesi i Tea Party stanno animando la politica americana. Con gli ultimi sondaggi che danno i repubblicani in vantaggio di ben dieci punti alle prossime elezioni di novembre, il presidente Barack Obama è stato costretto a cambiare strategia. Archiviato il monopolio keynesiano nello staff dei suoi economisti, visti gli scarsi risultati ottenuti sul fronte dell’occupazione, il primo cittadino americano ora punta alla riduzione delle imposte per il ceto medio e le piccole imprese. Ma ora sono proprio quelli che qualche anno fa si consideravano ancora ceto medio ad animare le riunioni dei Tea Party. I nuovi conservatori americani sono populisti perché non sono più un ceto di mezzo tra gli operai e la ristretta élite capitalistica del novecento. Adesso sono, più modestamente, membri di una classe massificata dai nuovi meccanismi di produzione e consumo a livello globale. Aspirerebbero ad essere ancora ceto medio e per questa ragione corrono a frotte ai Tea Party che spopolano ovunque negli Usa. Sognano la tranquillità e le certezze del ceto medio americano degli anni settanta o ottanta che nessuno può più offrire. Neanche Obama. Neanche Barack, che ai loro occhi appare come un pericoloso comunista. Per provare a salvare il salvabile, cioè la maggioranza parlamentare democratica in parlamento, Obama ha rilanciato la proposta di tagli fiscali. Aliquote più basse per i redditi medi americani, magari accompagnate da specifiche nuove misure di deduzione o detrazione di spese dalla base imponibile. Ancora non è chiaro cosa il Presidente Usa abbia in testa. Per di più è un po’ sorprendete che la campagna elettorale americana si stia giocando tutta intorno ad un protagonista ormai scomparso dall’azione sociale. Il ceto medio è un idealtipo di una classe che fu, prodotta dall’innovazione mercantile e borghese, prima, e rafforzata dalla rivoluzione industriale, poi, non più uno strato politico distinto al quale la politica può rivolgersi direttamente. Correttamente i Tea Party evocano i piaceri passati del ceto medio per far leva politica sul populismo ed accrescere il proprio peso parlamentare. Offrono il sogno di un passato che si vorrebbe riacciuffare e che non c’è più per colpa della globalizzazione, dei cinesi, della troppa socialità obamiama e via di questo passo. Politicamente intelligente anche se non fa un programma di governo. Obama, invece, promette di ridurre le tasse ad insegnanti che ormai si percepiscono come marginalizzati o a liberi professionisti in parte proletarizzati nei guadagni medi. La priorità per loro, non è più la semplice riduzione delle tasse, bensì la sopravvivenza in una società che percepiscono come sempre più rischiosa. Non si sentono più ceto medio da tempo e sanno che non ritorneranno ad esserlo per qualche punto in meno di aliquota sui redditi. A loro Obama dovrebbe offrire un modello per sentirsi consumatori del ventunesimo secolo rassicurati nelle loro aspettative di benessere quantomeno non decrescente. - Il dibattito in corso interessa anche il più importante mercato vinicolo di consumo al mondo. Negli Usa senza più ceto medio vendere vino oggi significa sempre di più saper produrre un marketing ed un’offerta polarizzata: prodotti quasi debrandizzati per la classe della massa insieme ad etichette esclusive per i nuovi ricchi, cresciuti anche durante la recente recessione. Il mercato enologico si sta facendo in questo ventunesimo secolo molto peculiare. Perdono potenzialmente slancio i vini della fascia di mezzo, quelli troppo cari nel prezzo medio per i consumatori massificati e troppo poco esclusivi per i clienti benestanti. Le cantine che hanno il proprio fatturato esposto a questa dinamica sono quelle che rischiano di più, perché neanche Obama riuscirà a ridare un ruolo sociale ad una classe ormai archiviata dalla storia.

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