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Italia Oggi

Cibo adulterato il reato c’è ancora ... La ghigliottina del taglialeggi non ha abrogato le norme a tutela dell’alimentazione. Non poteva farlo... La legge 283/1962 non è stata cancellata Tantomeno gli illeciti... Resta in vigore la legge 283/1962, che punisce l’adulterazione degli alimenti attraverso una serie di fattispecie penali, tra cui il reato di cattiva conservazione. Al contrario di quanto riportato sabato e domenica scorsi da alcune testate nazionali, la “ghigliottina” del ministro alla semplificazione normativa, Roberto Calderoli, non ha cancellato né la legge, né le fattispecie di reato. Per il semplice fatto che, una simile abrogazione non è nella disponibilità del taglialeggi. Cioè non rientra nei confini della delega prevista dalla legge 246/2005. Queste perché, un intero comma di quella legge salva dalla mannaia di Calderoli i testi unici, i codici e tutte le disposizioni che abbiano, in qualche modo a che fare con essi. Meglio: la lettera a) del comma 17, dell’articolo 14 della legge 24612005 recita che rimangono in vigore, tra le altre, “le disposizioni contenute nel codice civile, nel codice pena le, nel codice di procedura civile,, nel codice di procedura penale, nel codice della navigazione, comprese le disposizioni preliminari e di attuazione, e in ogni altro testo normativo che rechi nell’epigrafe la denominazione codice ovvero testo unico”. E la legge 283/1962 nell’epigrafe reca testualmente “modifica degli articoli 242, 243, 247,250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”. Dunque, questa legge è in salvo fin dall’inizio. Non doveva essere citata nei decreti salva-leggi (e in particolare nel dlgs 179/2009), perché la sua esistenza non è mai stata in pericolo. A riprova di ciò, il dlgs 179/2009, nell’allegato uno (parte quarta), salva integralmente dalla ghigliottina una legge che modificò. e integra proprio la 283/1962. Si tratta della legge 441/1963. Quindi, ne deriva che il legislatore, dando per scontato che la legge 283/1962 restasse in vigore, ha ritenuto di dover salvare dalla ghigliottina una norma che va a modificarla. Cosa, peraltro, confermata ieri, in serata, da una nota dello stesso ministro Calderoli. Per il resto, la semplificazione normativa, in ossequio alla delega prevista dall’art. 14, commi 14-17, della legge 246/2005, disponeva l’abrogazione dal 16 dicembre 2010 di tutte le leggi anteriori al 1970, non considerate indispensabili a fini dell’ordinamento e non espressamente salvate, con dlgs appositi. Per la cronaca, l’ultimo dei decreti salva-leggi risale al 13 dicembre scorso, allorquando il consiglio dei ministri salvò dalla tagliola 10 mila provvedimenti (si veda Italia Oggi del 14 dicembre 2010), approvando due decreti legislativi e un dpr. A seguito di essi, il 16 dicembre la ghigliottina è scattata per 168.505 atti normativi primari e secondari. Questi sono andati ad aggiungersi ad altre 35 mila leggi soppresse nel 2008 con i decreti legge n.112 e n.200. In totale, a conti fatti, l’ordinamento italiano ha detto addio a 205.705 provvedimenti. Lo scenario post abrogazione. Ipotizzando, per assurdo, che la legge 283/1962 fosse stata davvero abrogata dal taglialeggi cosa sarebbe successo? Secondo quanto riportato dai giornali nel fine settimana, risulterebbero cancellati i reati connessi all’adulterazione degli alimenti. Di conseguenza, un comportamento doloso in tal senso non sarebbe più perseguibile. Né giudicabile, perché il reato non sussiste più. Questa interpretazione non è esatta. Infatti, anche in caso di abrogazione della legge 283/1962, i reati alimentari esistono, nel codice penale (ari. 440 e seguenti). E, dunque, sono perseguibili. in giudizio. Sia in caso di dolo, che di colpa. Ciò che cambia, invece, è l’efficacia del procedimento. In caso di abrogazione della legge 283/1962, infatti, in sede di giudizio bisognerebbe dimostrare la “pericolosità in concreto” della condotta incriminata. Non varrebbe, cioè, la mera constatazione di “pericolosità in astratto” dell’adulterazione. Il che, in pratica, si traduce nella mera nomina di un perito, che dovrà testimoniare, in sede di giudizio, se e quanto quella eventuale adulterazione alimentare sia pericolosa per l’uomo.

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