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Italia Oggi

Bacco senza ceto medio ... Il nuovo protagonista della politica americana sono i cosiddetti Tea Party. Ad animarli sono proprio quei cittadini che soltanto qualche anno fa si consideravano ancora ceto medio. I nuovi conservatori americani, infatti, sono populisti perché non sono più un ceto dimezzo tra gli operai e la ristretta élite capitalistica del novecento. Adesso sono, più odestamente, membri di una classe i massificata dai nuovi meccanismi cli produzione e consumo a livello globale. Aspirerebbero ad essere ancora ceto medio e per questa ragione corrono a frotte ai Tea Party che spopolano ovunque negli Usa. Sognano la tranquillità e le certezze del ceto medio americano degli anni settanta o ottanta che nessuno può più offrire. Neanche Obama. Neanche Barack, che ai loro occhi appare come un pericoloso comunista. Le statistiche più recenti certificano questa crisi economica del vecchio ceto medio statunitense. Nel 1988 il reddito medio del contribuente americano era pari a 33.400 dollari, dopo i l’aggiustamento per l’inflazione attuato dal ministero del tesoro di Washington che ha prodotto i dati; venti anni dopo, nel 2008, lo stesso reddito medio è stato pari a 33.000 dollari. Praticamente non c’è stata nessuna modifica del potere di acquisto per il 90% dei cittadini Usa, quelli ricompresi nella misurazione, nonostante in venti anni le loro esigenze di consumo si siano profondamente modificate. Il contribuente medio americano, nell’ultimo ventennio, ha potuto difendersi dall’impatto dell’inflazione. Nello stesso lasso temporale, però, l’i% della popolazione più affluente ha visto il proprio reddito annuo crescere del 33%. Si tratta di dati importanti per chi è interessato a formulare vincenti strategie di prezzo nel principale mercato mondiale di vendita del vino. 11 ceto medio americano, impoverito da una lenta erosione nel potere di acquisto, sicuramente sarà sempre più sensibile ad un’offerta di vini “low cost”, cioè di bottiglie con un interessante rapporto qualità prezzo. Spazi di manovra per piazzare vini premium o superpremium in questa fascia di consumatori sono e saranno sempre meno agevoli. Diversa è invece la propensione all’acquisto della percentuale dei superricchi, sottile come numeri perché pari all’1% della popolazione, ma disponibile a comprare vini esclusivi e di fascia alta con maggiore regolarità e disponibilità. Un i segmento selettivo nel quale il valore della singola cassa, più che i la quantità di bottiglie vendute, fa la differenza. La massificazione consumistica del mercato Usa è ora entrata nelle statistiche. Si tratta di un aggiustamento strutturale, nel senso che non si modificherà per diversi anni, nel potere di acquisto dei singoli destinato i a condizionare i mercati di consumo nei prossimi lustri. Coloro I che hanno il compito di formulare strategie di marketing vinicolo devono tenerne conto: il novecentesco ceto medio con le sue certezze reddituali e di consumo non c’è più. E stato sostituito da una massa di consumatori con condotte normali ed opportunistiche, molta sensibile al prezzo e consapevole del proprio ridimensionato potere di acquisto. Si tratta di consumatori meno agevoli da intercettare rispetto a quelli del passato, ma che rappresentano la parte più importante dei volumi di vino consumati. Di fatto il nuovo zoccolo duro dei fatturati annui.

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