02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Italia Oggi

In cantina c’è un hedge fund ... Rendimenti a tre cifre, grazie alla domanda cinese... I vini di grande pregio negli ultimi sei anni hanno eclissato tutti gli strumenti finanziari... Il vino? Tra i migliori investimenti. L’indice delle 100 etichette top curata da Liv-ex che segue i movimenti di prezzo dei più ricercati vini del mondo è salito di oltre il 200% da quando è stato lanciato nel 2001 e del 40% solo l’anno scorso. Il Liv Ex Fine Wine 50, l’indice che segue le dieci annate più recenti di produttori di Bordeaux top Premier Cru, nel 2010 è aumentato del 57%, ben oltre il +13% dell’S&P 500 e il +31% del prezzo dell’oro. A muovere il mercato del vino da investimento sono i cinesi straricchi che vogliono solo i Premier Cru (Chateaux Lafite Rothschild, Latour, Margaux e Mouton Rothschild e Haut Brion) del Medoc, la più famosa regione del Bordeaux, quelli che danno vita ai rendimenti elevati. Un certo ritorno lo offrono anche Château Petrus, Le Pin, Cheval Blanc e Ausone, oltre ad alcuni vini della Borgogna (Domaine de la Romanée Conti e Lalou Bize Leroy) e una manciata di etichette del Rodano e della Champagne. Secondo Robert Beynat, ceo di Vinexpo, il consumo di vino in Asia cresce quattro volte rispetto alla media globale e farà della Cina il settimo maggior consumatore entro il 2013. L’anno scorso sono stati venduti più vini top a Hong Kong che a New York e a Londra messe insieme e, secondo le stime, una bottiglia su quattro dei più grandi vini del mondo è attualmente in mani cinesi. In questo settore l’Italia si vede poco. Tra le blue chips nostrane c’è il Masseto della tenuta Ornellaia (sette ettari su una superficie vitata di 97 ettari all’interno della tenuta in Toscana) la cui annata 2001 costava (nel 2005) 200 euro a bottiglia e oggi ne vale 500. Tanto per non fare paragoni, lo Chateau Lafite Rotschild 2000 è salito del 611% da dicembre 2004 quando una confezione costava 2.650 sterline (oggi ne costa 18.400) mentre lo Chateau Petrus 2000 è salito del 255% passando dalle 12mila sterline del dicembre 2004 alle 36.627 sterline di oggi. Tra i nostri è apprezzato il Sassicaia, con l’annata top 1985 da mille euro a bottiglia mentre l’Amarone stenta: alle aste 2010 l’unica quotazione degna di nota è stata quella spuntata da Giuseppe Quintarelli con il millesimo 1997 da 187 euro, -30% rispetto al 2009. Per il resto, tra i vini italici d’alta gamma annoveriamo il Brunello Biondi Santi, Tignanello e Solaia e alcuni piemontesi come i grandi Barolo di Sandrone, Gaja, Conterno, Ceretto, Giacosa, Mascarello. Poco o niente se confrontato con i top lot transalpini. D’altronde non è un caso che Wine Spectator, una specie di Bibbia per i collezionisti di vino, l’anno scorso abbia inserito solo nove etichette italiane nella classifica dei Top 100: un brutto balzo indietro dai 19 vini del 2009. Non a caso due anni fa proprio la Tenuta Ornellaia ha stretto un’intesa con cinque delle maggiori case di Bordeaux per commercializzare nel mondo il 20% della produzione di Masseto. Un modo per rafforzare la visibilità tra gli investitori che contano. Ma che caratteristiche deve avere un vino per essere considerato una blue chip? Deve essere raro, cioè nel mondo ne devono circolare poche bottiglie, e deve essere di un’annata considerata grandissima. Inoltre deve avere delle ottime recensioni da parte degli esperti che ne abbiano scritto su riviste specializzate e soprattutto deve essere conservato perfettamente. In genere in una stanza sotterranea, isolata, dove inserire un impianto refrigerante che mantenga costante la temperatura, sempre sotto i 15 gradi. Così quando lo si vuol rivendere si può tranquillamente mostrare agli esperti dove lo si è conservato. Per creare un buon portafoglio di vino o si comprano direttamente le bottiglie o ci si affida ai fondi specializzati. Nel primo caso, secondo Mark Bedini, amministratore delegato e fondatore di Fine+Rare, è meglio puntare solo sui Bordeaux considerato un vino liquido, cioè un vino che si rivende facilmente. Nel secondo caso bisogna affidarsi a fondi d’investimento specializzati il cui sottostante sia costituito da etichette di pregio. In Italia opera dal 2008 Noble Crus una Sicav Sif di diritto lussemburghese: la soglia minima d’ingresso è di 125miIa euro e punta a investitori tradizionali (banche e family office). Un altro investimento possibile è quello traghettato da società come Winecapital, spa con sede a Milano.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su