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Italia Oggi

La apps economy impatta sul vino ... Negli ultimi due decenni l’economia prima si è fatta new e, più recentemente, una apps economy, cioè un contesto di scambio e di produzione nel quale tutto è integrato in tempo reale con il touch screen del singolo consumatore o investitore. Nella apps
economy gli stakeholders di ogni organizzazione produttiva sono tra loro interconnessi e collaborativi senza soluzione di continuità e per lavorare od operare non hanno neppure più bisogno del web, come accadeva invece ai tempi della new economy. La necessità di navigare in rete via web è stata soppiantata dalle apps che hanno eliminato anche questa sottile forma di intermediazione internettica della prima. La cosiddetta impresa digitale nella realtà una apps company, cioè un’azienda che deve e può presidiare tutti i propri bisogni verso i clienti o verso i fornitori, ad esempio, creando contenuti oppure prodotti o favorendo la nascita di gruppi di acquisto o mercatini elettronici alla eBay con e dentro la apps. La apps company rappresenta una importante rivoluzione nella del capitalismo, perché per la prima volta la tecnologia ha permesso alle singole imprese di “farsi mercato”, nel senso che il progresso dei tublet, delle smartTv, degli smartphone e del cosiddetto Internet delle cose ha realizzato quello che nel capitalismo degli atomi non era possibile: la profilazione del mercato della singola azienda in tutti i suoi possibili dettagli operativi o organizzativi. La apps diventa l’azienda ma, allo stesso tempo, è anche la sottodimensione del mercato caratterizzante la stessa azienda. Possiedono e utilizzano la apps tutti coloro che hanno interesse a intrattenere un qualsiasi rapporto con l’impresa: consumatori, gruppi di clienti omogenei, fornitori, dipendenti, consulenti, finanziatori. La singola apps della singola azienda diventa così un sottomercato digitale specifico e terribilmente sollecitato al continuo confronto e dove si gioca gran parte del vantaggio competitivo delle singole imprese. Nei prossimi anni sarà il numero delle apps attive a certificare il successo o meno di una singola realtà produttiva. E le apps come la rete sono ovviamente senza frontiere e senza barriere di spazio. In questa rivoluzione già iniziata vanno analizzati i cambiamenti in divenire anche del settore vinicolo. Nella apps economy la capacità di poter e saper decidere rapidamente è di gran lunga più importante rispetto al mondo delle imprese precedenti. Ma soprattutto è importante certificare che l’intero comparto si sta allineando con il cambiamento di paradigma. Certo per le imprese di piccole dimensioni, come normalmente sono quelle del comparto del vino, è meno facile seguire le accelerazioni imposte dalla tecnologia, ma è anche vero che rispetto al mondo del web di prima generazione fatto di contatti unilaterali, l’universo delle apps apre uno spazio di azione molto più ampio. Soprattutto offre la possibilità di fare della apps una vera e propria etichetta, una specie di bottiglia digitale capace di offrire una relazione diretta con l’impresa produttrice. Farsi apps per un brand di successo del vino è una strada obbligata, soprattutto adesso che l’iPad vende circa 10 milioni di pezzi ogni trimestre candidando i tablet a diventare la nuova interfaccia per l’accesso al web. E se i consumatori accedono da un tablet significa che lo fanno toccando una apps.

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