02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Italia Oggi

Dai Bric shopping di asset tricolori anche nel vino ... E adesso è davvero il caso di dire: “Occhio ai
Bric”. Mentre le borse dei paesi ricchi crollano per l’incapacità della politica e dei governi di definire strategie sostenibili di riduzione dei debiti pubblici, i capitali fuggono verso i cosiddetti mercati emergenti. Gli stessi che hanno già accumulato enormi riserve valutarie negli ultimi
anni e che stanno ancora beneficiando del ciclo economico espansivo. Nel 2011 l’economia del pianeta, secondo il consensus previsionale, dovrebbe crescere 4,5% in termini di pil, un incremento tutt’altro che minimo. In particolare, il Fondo Monetario Internazionale nel suo ultimo World economic outlook (Weo) stima al 4,4% la crescita del pil mondiale per l’anno in corso. Certo, l’espansione riguarda soprattutto alcuni paesi, mentre la principale economia del pianeta, quella americana, continua a segnare il passo nonostante la politica monetaria molto accomodante della Fed, la banca centrale Usa. Ma nel 2011, tra i paesi in crescita almeno del 4%, ce ne sono diversi molto importanti quali: Cina (+9%), Polonia (+4,2%), Russia (+4,3%), Svezia (+4,4%), Turchia (+6%), India (+7,8%), Corea del Sud (+4,2%), Brasile (+4%)e Arabia Saudita (+6,3%). L’economia globale è diventata davvero duale. Da un lato c’è il club dei vecchi paesi ricchi, che stentano non poco a ritrovare la via della crescita nonostante le manovre di politica economica non convenzionale come quelle seguite dalla Fed, la Banca centrale americana, nell’ultimo triennio. Dall’altro si ritrovano le nuove economie in continua e rapida crescita del pianeta che non sembrano conoscere crisi o ciclo economico recessivo che dir si voglia. È inevitabile che questa situazione porti a una riallocazione globale del capitale investito, in uscita dalle economie tradizionali per essere investito in quelle emergenti, ma anche a importanti passaggi di proprietà in favore dei cosiddetti Bric, Brasile, Russia, India e Cina, di molte imprese e asset. Anche di molte aziende del made in Italy. Un processo di aggiustamento che interesserà anche il vino. Finora si è assistito a marginali investimenti, quasi amatoriali, da parte di miliardari, spesso russi, in cantine blasonate dell’enologia italica. Non c’è stata una strategia di investimento dettata da logiche industriali, ma una sorta cli diversificazione del patrimonio personale di pochi ricchi personaggi. Oggi la crisi in corso cambia le carte in tavola, perché la rapida e significativa correzione nel prezzo degli asset europei, certificata dalla correzione dei prezzi di borsa, dischiude la strada a investimenti a sconto nel made in Italy da parte di investitori liquidi, cioè con riserve accumulate più o meno recentemente, e interessati a diversificare il rischio e, soprattutto, ad acquistare bene rivendibili nei mercati emergenti. Se finora si è assistito a uno shopping parziale le e marginale di asset del made in Italy, ora la dimensione del fenomeno potrebbe cambiare passo e caratteristiche. L’economia globale duale richiude le porte ad opportunità aggressive e opportunistiche di investimento da parte dei Bric che difficilmente si lasceranno sfuggire questa occasione. E si metteranno a caccia anche di cantine ed etichette di qualità dell’enologia del Bel Paese.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su