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Italia Oggi

Eppure non si brinda... L’ultima manovra economica, ancora in definitiva approvazione alla Camera, ha elevato l’Iva dal 20 al 21%. Un incremento che interessa anche il vino che tra qualche giorno vedrà il suo prezzo di vendita aumentare dell’l%. Ovviamente non si tratta di un rialzo significativo in grado di stravolgere le abitudini di consumo, ma è pur sempre una decisione che impatta il prezzo di vendita di un bene in una fase stagnante della domanda. Statistiche recenti hanno evidenziato come il potere di acquisto medio delle famiglie italiane sia diminuito in conseguenza dell’ultima crisi. Quindi c’è il rischio che l’aumento dell’Iva possa ulteriormente indebolire la domanda di un bene, il vino, già considerato come non essenziale da molti consumatori. E che possa anche avere impatti non positivi per le esportazioni soprattutto nei mercati esteri dove l’imposta sul valore aggiunto non è recuperabile e diventa un extracosto per il consumatore finale. Quali strategie di traslazione, cioè di gestione degli effetti dell’imposta, seguiranno produttori e imprese coinvolto lungo la filiera della commercializzazione del vino? E’ assai probabile che le aziende produttrici si limitino ad esporre l’incremento dell’Iva nei listini trasferendo tout court il maggior costo all’acquirente. In questo caso l’incremento dell’imposta sarebbe direttamente trasferite sul consumatore finale al momento che questi acquista una o più bottiglie di vino nei canali commerciali della grande distribuzione e delle enoteche. Diversa, invece, la situazione nel caso degli alberghi e della ristorazione, perché in questo caso è meno probabile che i prezzi dei menù vengano variati per assorbire un semplice 1% di maggior costo. La scelta del canale ristorazione dovrebbe favorire una sterilizzazione del maggior costo puntando a recuperano in altro modo all’interno del conto complessivo. Meno agevole è prevedere cosa possa succedere nel caso delle esportazioni, perché in questo caso la politica e le decisioni varieranno di azienda in azienda e saranno molto influenzate dall’andamento delle esportazioni nel singolo mercato e dalle relazioni commerciali con i diversi importatori. E presumibile che le imprese vinicole preferiscano non traslare la maggiore imposta sui clienti esteri lasciando invariato il prezzo finale esposto ed operando, quindi, uno sconto dell’l% sul singolo contratto di esportazione per non perdere competitività proprio in quei mercati dove la domanda è più dinamica e la concorrenza dei produttori stranieri più accesa. L’incremento dell’Iva in questa fase del ciclo economico non è comunque una buona notizia per il comparto vinicolo che dovrà necessariamente adottare politiche cli sterilizzazione dell’impatto del tributo. In qualche modo almeno una parte della maggiore imposta sarà scontata dai margini industriali delle imprese vinicole e questo fatto impatterà sulla loro redditività e sulla capacità di generare profitti. Era ovviamente impossibile tenere il vino al cli fuori dei generi interessati dall’aumento dell’Iva, ma la decisione presa dal governo avrà sicuri impatti sulle dinamiche commerciali del settore.

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