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Italia Oggi

La recente vendita del 70% Gancia, fondata nel 1850 oggi con 25 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, per 100 milioni di euro al magnate russo della vodka, Rustam Tariko, conferma l’importanza di un investimento alternativo quale il vino è in momenti di congiuntura economica negativa. Gancia possiede direttamente soltanto 30 ettari di terreno e ha chiuso l’ultimo bilancio con oltre 6 milioni di perdita (coperto dalla famiglia Gancia quasi per intero con un aumento di capitale da
milioni interamente sottoscritto). A fine 2010 aveva un indebitamento verso le banche pari a
36 milioni di euro ai quali vanno aggiunti altri 10 milioni di euro di un nuovo finanziamento
nel 2011 da un pool di banche guidato da Unicredit. Numeri che collocano la Gancia
nella classifica nazionale delle maggiori imprese vinicole italiane per il ratio tra debito e
patrimonio, pari a due volte, e per ammontare del debita sul valore aggiunto, pari a 6,5 contro un valore medio del comparto di 2,2 Gancia è nei numeri l’impresa vinicola più indebitata del Bel Paese tra quelle più significative del comparto. Eppure è stata molto ben pagata dal magnate russo. Perché? Sicuramente nel caso specifico il valore assegnato dall’acquirente russo è soprattutto legata al valore del brand Gancia, alla sua rete commerciale, alle potenzialità di valorizzazione delle stesse
proprio nel ricco mercato russo, dove il consumo alcol per capita è tra i più elevati al mondo e
dove Tariko gode di un indubbio vantaggio competitivo a livello di distribuzione commerciale
essendo il re della vodka. Ma l’affaire Gancia fa emergere anche l’importanza del vino come investimento alternativo in generale, anche quando il ciclo è espansivo. Durante le recessioni, poi, questa tendenza si accentua per almeno due ragioni: i titoli del vino sono difensivi con Beta molto bassi come testimonia lo 0,38 dell’italiana Campari e appartengono a un settore anticiclico; perché
investire in vino significa diversificare con una finalità di copertura, hedging, le altre posizioni
detenute. Con un 2012 che si annuncia non facile per l’economia mondiale, in generale, e per quella italiana, in particolare, inevitabilmente crescerà da parte degli investitori l’attenzione sugli asset alternativi. Vino compreso. Gli investitori invece di puntare sui soliti asset, come le azioni o le obbligazioni, oppure provando a guardare al problema con un minimo di originalità? Per godersi una pensione sicura, visto il contesto finanziario globale contemporaneo, è bene ragionare collocandosi sulla stessa lunghezza d’onda dove è già collocata l’upper class cinese, russa o indiana. Sono gli investimenti alternativi quelli che offriranno le maggiori soddisfazioni agli investitori internazionali negli anni a venire. Quadri, oro, vino di annata, moneta rare, stampe preziose, quote di fondi di private equity o di venture capital sono tutti esempi di possibili investimenti alternativi. Quelli che proteggeranno meglio dall’inflazione futura, che approfitteranno di più della crescente domanda dei paesi emergenti, che saranno oggetto di attenzione da parte dei gestori. Investire in vino, quindi, può aiutare a non poco a passare indenni nel burrascoso 2012 dell’economia.

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